La voce dei maturandi

Anche quest’anno migliaia di studenti hanno dovuto rinunciare alle vacanze balneari di giugno per affrontare la prova più difficile: l’esame di maturità. Non mancano all’appello gli alunni del Liceo Scientifico Medi di Battipaglia (tra questi, anche io) chiamati a superare l’ultimo ostacolo prima di inaugurare un nuovo capitolo. Anche se spesso viene demonizzato e i candidati vengono supportati da amici e parenti come dei condannati che s’incamminano verso la pena capitale, non si tratta di un’esperienza tanto tragica in confronto alle altre della vita, durante la quale, dopotutto, siamo messi sotto esame continuamente. L’esame rappresenta una grande occasione di aggregazione perché gli studenti del quinto anno, mossi da un solidale senso di comune appartenenza, tendono a condividere con i coetanei aspettative, ansie ed emozioni, esorcizzando la normale paura e sentendosi compartecipi degli stati d’animo altrui.
Chi non ricorda la notte prima degli esami, vissuta dagli studenti alla stregua d’un rito propiziatorio? Ci si riscopre felici perfino a vedere i compagni meno amati ed a ricordare i momenti scolastici più duri, poiché ogni istante diventa improvvisamente l’ultimo. Attimi indimenticabili, ma lo studente in crisi, lì per lì, non se ne accorge: è in preda all’ansia e, tra qualche appunto nascosto nei posti più impensabili ed un secondo telefono da tenere in tasca “perché non si sa mai”, si prepara ad affrontare la prima prova. C’è da scrivere un saggio breve, da metter giù un tema di ordine generale o da svolgere un’analisi del testo. Nonostante il giorno precedente sia stato impiegato nell’estenuante ricerca dell’autore più quotato o nell’analisi delle ricorrenze storiche, l’apparizione del corposo fascicolo contenente le tracce è sempre spiacevole e lo studente si prepara a trascorrere una delle sei ore nell’indecisione assoluta. Ed è proprio quando sembra conclusa una grande impresa che ci si appresta ad affrontare la successiva tappa dell’odissea del maturando. La seconda prova, pur essendo incentrata sulla materia di indirizzo, continua a mettere in crisi intere generazioni di studenti e sembra che la matematica non voglia proprio rinunciare alla fama di materia oscura ed ostile ai più. Così, mentre si patteggia per una sistemazione dei posti che favorisca un’adeguata collaborazione e si confida nella magnanimità dei docenti, alcuni alunni cercano di lasciar spazio nella propria testa ad una fiumana di numeri, limiti e funzioni; altri aspettano che il volere divino faccia il suo corso e favorisca una miracolosa intuizione scientifica.
Giunto a metà della sua avventura l’allievo deve fare i conti con la terza e ultima prova scritta: “Il Quizzone”, pieno zeppo di domande pluridisciplinari.
Superate le tre fatiche è concesso tirare un sospiro di sollievo nell’attesa dei risultati e della prova conclusiva. Qualche studente impreca contro questo o quel docente, che “ha sempre provato rancore nei suoi confronti”; qualcun altro esulta per il risultato: la pubblicazione dei dati finali non sempre rispecchia la realtà, poiché mette a dura prova sia l’oggettività dei docenti e la loro capacità di andare oltre i pregiudizi, sia quella degli alunni, che fanno fatica ad ammettere i propri limiti. Volente o nolente, il maturando si ritrova ad attendere il proprio turno all’esame orale, stringendo tra le mani tremanti una mappa che indica argomenti dei quali gli sembra di non ricordare più nulla. E dopo il colloquio, mentre percorre per l’ultima volta i corridoi della sua adolescenza, al senso di liberazione si associa una velata nostalgia. E poi la determinazione nell’affrontare altre mille prove perché, a ben pensarci, è proprio vero che “gli esami non finiscono mai”.

13 luglio 2018 – © riproduzione riservata
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