Un enigmista | di Lucio Spampinato
Il professor Bruni fu trovato riverso a terra nei pressi dell’ultimo lampione di via Sinisgalli, a pochi passi dalla sua bicicletta, finita contro la saracinesca del fioraio proprio all’angolo con via Bodini. I rilievi dei carabinieri evidenziavano frenate di una sola auto e segni di urto alla bici, a cui era saltata la catena. Il dato di fatto era che il professore era morto. Sul posto erano arrivati il vicequestore aggiunto Zuccarello e il torbido ispettore Luce. Questi fumava un eterno sigaro che spandeva zaffate in un raggio di dieci metri, mentre chi si trovava vicinissimo a lui avvertiva un sentore acido di tabacco nel suo respiro e rappreso e muffito sui suoi vestiti. Neanche i suoi modi dispensavano gentilezza, mentre il suo agire era improntato a ricavare sempre un tornaconto da fatti e persone, per quanto sordidi fossero i primi e detestabili le seconde. Il Consulente arrivò quasi in contemporanea e, dopo un rapido saluto ai due, si inginocchiò per guardare più da vicino la scena di ciò che sembrava al momento uno strano incidente. «Che ne pensa, dottore?» chiese Zuccarello per rompere il ghiaccio. Dopo averlo scrutato per qualche secondo, come guardando sopra la sua testa, il Consulente, con un vago sorriso, rispose: «Ci prendiamo un caffè? » mentre col braccio indicava l’insegna ancora accesa di un bar a poca distanza. Dopo aver bevuto il caffè, il Consulente disse ai due investigatori: «Sulla bici ci sono tracce di vernice gialla».
Si lasciarono subito dopo, dandosi appuntamento in commissariato l’indomani. Non si parlò di orari, per cui il Consulente, dopo un’abbondante colazione, decise di recarsi al liceo dove il professore insegnava.
Necrologi riempivano la parete a fianco al cancello d’ingresso; apprese che era stato dichiarata una giornata di lutto e quindi niente lezioni anche se molti studenti stazionavano davanti ai cancelli, probabilmente parlavano dell’accaduto. Il Consulente entrò e si fece annunciare alla preside. Scese una vice preside che rispose a qualche sua domanda e poi lo accompagnò nell’aula dove il professor Bruni aveva fatto lezione per l’ultima volta. La classe era vuota, fiori sulla cattedra, la lavagna pulita minuziosamente ma leggermente inclinata. In realtà, come sempre faceva, il Consulente si muoveva a caso senza sapere bene cosa cercare, sperando che qualche indizio spuntasse all’improvviso ad illuminare il mistero. Gironzolò per un poco sotto gli occhi della vice preside, poi chiese: «Cosa insegnava il professor Bruni?» «Matematica» fu la laconica risposta. Ad un tratto, si sporse tutto sbilanciato a guardare il retro della lavagna e ci vide del testo. Fece ruotare la tavola di grafite sul suo perno e si mise a leggere una specie di poesia criptata. Tirò fuori il suo taccuino e annotò scrupolosamente la quartina, la memorizzò e cominciò a ragionarci strada facendo. La vice si era licenziata e lui, poco dopo, uscì dall’aula. Ad un tratto, qualcuno lo chiamò ispettore. Si voltò e vide una ragazza che lentamente gli andava incontro. «Piacere, ma non sono un ispettore. Do una mano alla polizia». «Mi chiamo Livia. Sono…ero un’allieva del professore Bruni.» sembrava quasi sull’orlo delle lacrime. «Come è morto?». «Sembra esserci stato un incidente stanotte.». «Ma se la polizia indaga, forse non è un semplice incidente, o sbaglio?». Vedendo l’occhio tumefatto di Livia, il Consulente cercò di cambiare argomento. «Cosa le è successo all’occhio?» chiese. «Niente. Una porta spalancata con troppa veemenza». «Ma certo e ha un nome questa porta?». «Si tratta del mio ragazzo, ma non voglio coinvolgerlo è solo molto nervoso. Il professore invece era una persona buona, calmissima e infondeva calma anche negli altri. Una persona speciale!». Prima di lasciare la scuola, il Consulente fece qualche altra domanda qua e là e venne a sapere che il ragazzo di Livia, suo compagno di classe, non era nuovo a questi atti di violenza sulle ragazze. Figlio dell’avvocato Scacciaventi, assessore al consiglio regionale, era il tipico ragazzo viziato e sempre pieno di soldi che esercitava il suo potere a discapito degli altri. Ma il Consulente riteneva che il ragazzo fosse a sua volta una vittima inconsapevole. Una vittima-carnefice. Mentre gente come suo padre erano predatori ideologici, ben consapevoli di quello che facevano e di dove volevano arrivare. Si gettavano sulle risorse disponibili, specie quelle pubbliche, e le depredavano senza scrupoli. E non avevano scusanti. Alla fine, decise di andare in commissariato. Davanti al portone, l’ispettore Luce stava parlando con un giovane al volante di una spider nuova di zecca e di colore giallo. Appena Luce vide il Consulente, licenziò il giovane con un colpetto sul tetto della sportiva. Si ritrovarono nell’ufficio del vicequestore che accolse cerimonioso il Consulente. «Chi era il giovanotto nella spider gialla?» chiese questi a Luce, quasi a tradimento. «Dario Scacciaventi, figlio dell’avvocato e assessor…». «So chi è il padre» tagliò corto il Consulente. E Luce sbiancò. Il Consulente fece una pausa per valutare e godersi l’effetto della sua affermazione. Poi rilanciò: «Porto novità! Bisogna fermare e interrogare Scacciaventi!». Luce divenne paonazzo e cominciò ad agitarsi avanzando verso il Consulente come un automa. Il vicequestore chiese:«Su quali basi, dottore?». «Sul seguente indovinello scritto da Bruni in classe la mattina prima di morire:
“Dalle spiagge l’autunno ora ti xxxxxxx,
Quando in mare cessa la bonaccia.
La stagione scatena forti yyyyy,
Ti smaschero anche dietro a mille paraventi.”»
Più volte Dario ha malmenato la sua ragazza e il professore aveva chiaramente fatto capire che lo avrebbe denunciato. La sciarada si risolve appunto in Scacciaventi. Poi le tracce di vernice gialla sulla bici. «Ma il ragazzo ha un alibi solido!» sibilò Luce. «Infatti, io parlavo di suo padre. Aveva paura di compromettere la sua posizione e ha fatto il lavoro sporco. Chiedete un mandato al giudice».
29 marzo 2025 – © riproduzione riservata



