La paura di soffocare

[di Anna Lambiase, Psicologa*]

Mangiare è un atto naturale e volontario, una risposta a pulsioni fisiologiche attraverso le quali l’organismo richiede nutrimento e scorta energetica. Mangiare rappresenta, soprattutto, una metafora della nostra vita psicologica. Attraverso il cibo soddisfiamo desideri, condividiamo convivialità, ritroviamo rifugio o rispondiamo alle tensioni quotidiane. Nutrire è la prima azione di cura che la madre dona al bambino e che il bambino richiede. Il cibo ha una valenza socio-culturale, il pranzo o la cena sono un momento di ritrovo delle famiglie, delle coppie, degli amici. Ma, in alcuni casi, mangiare non sempre rappresenta un piacere. In età pediatrica e adolescenziale, può comparire la paura di soffocare con il cibo: l’anginofobia. Alcuni bambini e ragazzi mostrano una reazione ansiogena durante pasto, il momento di ingerire il cibo (per lo più filante) scatena attacchi di panico, provocando un disagio non solo alla persona che non riesce a mangiare ma anche ai conviventi. L’anginofobia si manifesta dopo che il bambino o l’adolescente ha rischiato di soffocare o ha assistito ad un episodio di soffocamento. Dopo un evento del genere, i meccanismi reattivi possono essere diversi ma accumunati dalla paura dell’ingerire cibo. Si può vivere il momento del pasto con estrema angoscia e paura al punto di evitarlo, si attivano pensieri ossessivi o rituali che placano l’ansia, si chiede di frullare i cibi o si masticano in un tempo lunghissimo.
L’errore più comune che commettono i genitori è quello di insistere nel far ingerire cibo o di parlare davanti ai figli del loro problema con altri familiari. Questo inibisce ancor di più la persona che sente questo disagio, e, soprattutto, innesca la perdita di fiducia con il mondo esterno. Ingerire cibo, metaforicamente, vuol dire affidarsi. Quando si sta per soffocare, oltre all’angoscia di morte, facciamo esperienza del tradimento, della perdita di fiducia, il che provoca un meccanismo di controllo su tutto ciò che è relazionale e che riguarda il cibo. Dopo un evento del genere, i bambini generalmente diventano selettivi anche con le relazioni sociali o evitano tutte le occasioni in cui si mangia con altre persone.
Come poter affrontare questa fobia? Innanzitutto, escludere tutto ciò che può essere di natura organica. Una volta escluso, si può procedere con una psicoterapia, solitamente con l’ausilio di un nutrizionista, per acquisire strumenti per diminuire i rituali ossessivi e i pensieri disfunzionali, per trovare strategie che possano aiutare a livello familiare ad affrontare i pasti. L’errore è quello di pensare che questa fobia sia solo a carico del bambino o dell’adolescente; invece, in termini più strettamente terapeutici, i genitori sono chiamati ad affrontare una sfida evolutiva che vede tutti i componenti della famiglia coinvolti. La sfida riguarda l’acquisizione di fiducia e di autostima, la gestione del senso di frustrazione e del senso di autoefficacia.

*Psicologa, psicoterapeuta familiare

7 maggio 2022 – © riproduzione riservata

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