Edna e Ciro | di Lucio Spampinato
Nelle viscere di Forcella, fra il Pendino e San Lorenzo, un ragazzo rientra a casa da una serata in pizzeria con amici. Ad un tratto, sente una voce maschile alterata e una voce di donna che parla in modo concitato, impaurito, lungo il labile confine che separa la richiesta d’aiuto e il pianto. Il ragazzo, Ciro, si sporge da un pilastro a fianco al suo portone ma con cautela, per non farsi vedere. L’uomo ha cominciato a strattonare la ragazza, spingendola verso un anfratto fra due auto e un muro scalcinato. È quando questi alza per la prima volta le mani sulla giovane che Ciro decide di intervenire. Per prudenza, si cala sul volto il cappuccio della felpa e afferra un vecchio bidone parcheggiato in quei vicoli non si sa più da quanto tempo. Si avvicina alle spalle dell’uomo e lo stende con un colpo fra schiena e nuca. Immediatamente, Ciro afferra la ragazza per una mano e comincia a correre come un pazzo, portandola con sé per via Annunziata, via Maddalena, porta Capuana, risalendo via Carbonara fino ad un nascondiglio sotto le scalinate di San Giovanni dove, stremati, i due arrestano la loro corsa. Sangue che risale le sorgenti della paura, vento che fa vela i vestiti, Ciro pensa che la sagoma dell’uomo gli è sembrata pericolosamente familiare, un delinquente del quartiere, un tatuaggio a forma di croce dietro il braccio destro. E pensa di dover procedere da quel momento in poi con estrema prudenza. «Come ti chiami?», chiede Ciro. «Edna», risponde la ragazza, ancora affannata per la corsa. Lei gli spiega in breve che è straniera, suo padre è di Capo Verde e sua madre senegalese. È nata e cresciuta a Capo Verde ed è venuta in Italia per lavorare ma da pochi giorni l’anziana che accudiva è morta. Il tizio che la minacciava poco prima le ha spesso proposto di andare a lavorare in un bar del Rettifilo ma lei sa che vuole avviarla alla prostituzione. Ciro nota che Edna ha occhi verdi e che parla un discreto italiano. «Io sono Ciro, piacere!», si presenta il ragazzo. Poi le racconta in breve che vive in una casa con due ingressi di proprietà della nonna. I genitori sono morti in un incidente qualche anno prima, ha studiato lingue ed è laureato in portoghese, una tesi su Fernando Pessoa, ma non ha ancora un lavoro. Non dice che nel quartiere lo chiamano Ciro ’o studente e Ciro ’o fesso. Perché qui chi non fa i soldi velocemente è appunto un fesso. «A casa della nonna, da una parte sono autonomo e dall’altra le faccio compagnia. Insomma, anch’io faccio il badante», spiega Ciro ridendo. Edna sorride e abbraccia il ragazzo e lo ringrazia, guardandolo negli occhi e aggiunge: «O amor, quando se revela, Não se sabe revelar». Ciro sorride stupito e le dice: «Parli portoghese e conosci Pessoa?». La ragazza si illumina ancora in un sorriso, abbassa gli occhi e gli spiega che la lingua ufficiale di Capo Verde è il portoghese. Alla fine, Edna gli racconta che quella notte era l’ultima in cui avrebbe dovuto dormire nella casa dell’anziana e che all’indomani sarebbe andata a stare da un’amica che potrebbe ospitarla finché non trova un nuovo lavoro. Ciro le fa notare che se torna là l’uomo tatuato potrebbe essere appostato ad aspettarla perché ora non solo è furioso ma è ancora più determinato a mettere in atto le sue intenzioni. Perciò le propone di dormire da lui; il giorno dopo chiederà ad un’amica, Anna, di recuperare le cose di Edna, proprio per evitare di incontrare il delinquente. Edna è indecisa, il suo mondo sembra sgretolarsi così velocemente ma alla fine decide di fidarsi di Ciro. A casa arrivano ed entrano con cautela, Ciro le ha dato la sua felpa con cappuccio ed ora sta preparandole qualcosa da mangiare. «Dormi nella mia camera, io mi arrangio sul divano!», poi le dice, respingendo le proteste della giovane. Il giorno dopo, tutto va per il verso giusto: Anna recupera le cose di Edna, lascia le chiavi nella cassetta postale e porta tutto a casa di Ciro che sta ora spiegando ad Edna che il tipo della sera prima è persona molto pericolosa e le chiede se non sia il caso di cambiare città o di rientrare per un po’ in patria. «A questo aggiungi che la stanno cercando e forse cercano anche te», dice Anna a completare l’argomento, avendo sentito alcune voci al bar all’angolo. Edna fa presente che non ha molti soldi ma che si organizza per andarsene. Ciro, intanto, passa dalla nonna a salutarla e le racconta la storia di Edna; a questo punto – periodo ricco di colpi di scena – lei gli confessa che il sacrestano che va spesso da lei a farle compagnia si è fatto promettere, da qui a cent’anni, di lasciargli la casa. La nonna lo guarda con quella faccia stralunata e poi, strizzando un occhio, gli dice che ha consegnato a un carissimo amico avvocato un testamento in favore suo e di sua cugina Emilia, unici due nipoti devoti; e gliene dà una copia. Per Ciro ha anche pronta una somma che può ritirare in banca quando vuole, presentando dei documenti che pure gli consegna. Infine, aggiunge: «Aiutala, Ciro, e andatevene da qui per un po’ di tempo e state attenti!». La nonna vuole conoscere Edna e fino al giorno successivo, per quando hanno trovato un volo per Capo Verde, le due donne passano molto tempo a chiacchierare. Ciro dice alla nonna che è passato a ritirare i soldi e che però sono troppi, ma lei non vuole sentire ragioni. Il giorno dopo, Anna li accompagna all’aeroporto. Salgono sull’aereo che parte da Capodichino alle 16,30 con scalo a Lisbona alle 18,30. I due giovani si tengono strette le mani e gli occhi negli occhi con il pomeriggio alla loro destra per tutto il tempo. Passano la notte a Lisbona. La città è per Ciro una terra immaginata, sognata. I parlanti che hanno scritto tutto quel che ha letto e che gli hanno insegnato il portoghese sono ormai morti; le loro bocche, le loro voci nei cimiteri adesso «…sono più leggere più vane dell’ombra delle farfalle sulle acque». Ripartono alle 7,00 con arrivo previsto all’isola di Boa Vista alle 10,30. Li accoglie la vista di un arcipelago sospeso su un mare verde di salvia, menta e acquamarina e un nuovo inizio.
12 settembre 2025 – © riproduzione riservata





