Svuoto a perdere

[di Ernesto Giacomino]

Pare che ci siamo: è prossima a tornare l’acqua nelle fontane di piazza Aldo Moro. Cioè, almeno così s’affermava un mesetto abbondante fa: poi boh, magari si sta ancora firmando, o quasi, la penna è pronta, la carta sta arrivando, il tempo che ci portino una sedia. Eccetera.

Che poi, a rifletterci, neanche pareva così necessario. Voglio dire, è facile fare le fontane imponenti con l’acqua, e che ci vuole: apparecchi una vasca, ci metti un paio di statue, crei qualche zampillo artistico, et voila, s’è fatta la storia. Ché gli piaceva vincere facile, agli architetti d’una volta: l’avrei voluto vedere, il Bernini, se gli fosse stata commissionata una fontana del Tritone a secco; o un’Anita Ekberg a urlare “Marcello, come here!” in una fontana di Trevi imbottita con la sabbiolina della lettiera del gatto.

Il vero genio non è quello, quindi. Il genio è progettare una fontana, spendere soldi per costruirla, impiantare tutta una rete strategica di condotte per irrigarla, e poi, puf, tenerla vuota. Asciutta, spoglia. Meravigliosamente arida.

Dice: ma a che serve? Eh beh, innanzitutto è un fatto d’originalità, d’attrattività turistica: un conto è un monumento che c’è e si vede in tutta la sua interezza, un altro far sì che il visitatore s’impegni a immaginare. C’è più poesia, più pathos, più suspence: vuoi mettere, ad esempio, i cartelli davanti alle agenzie di viaggio? “Weekend organizzato alla fontana dall’acqua invisibile, euro 399,99 a persona inclusa colazione a sacco”. E poi, eviti un sacco di battute scontate tipo “l’acqua è poca e l’amministrazione non galleggia”, oppure “ah ah, hai visto, la munnezza nella fontana sta con l’acqua alla gola”. Da ribaltarsi, proprio.

Cioè, no: che la novella piazza Aldo Moro non abbia mai goduto delle mie simpatie è cosa nota fin dalla fase progettuale, ché ci ho visto sempre un’opera più nostalgica d’una certa architettura “autocelebrativa” che un tentativo realmente funzionale di restyling. Per quanto, in realtà, vada dato merito alla pedonalizzazione di via Italia d’aver creato una certa movida serale, consentendo a bar e ristoratori della zona d’allargare d’un minimo quel business svilito da poco amore dei passanti e zero spazio per l’offerta all’aperto. Tolto questo, però (roba che si poteva fare già anni fa a costo quasi zero, semplicemente pavimentando il viale), è davvero cosa non buona e ingiusta dire che, a livello strutturale, questo progettone littorio d’inizio millennio ha abbondantemente disatteso le aspettative? La resa estetica è quella che è (questione di gusti, ma nemmeno tanto: ché il vecchio platano, anziché il lampioncino da colonizzatori d’Asmara, faceva comunque la sua eroica figura), le palme davanti al Municipio oscillano tra il rinsecchirsi e il rianimarsi sotto i colpi d’un qualche defibrillatore nascosto, i muretti sono inzaccherati da scritte fin dal giorno della posa in opera, la pavimentazione è già un patchwork di macchie stratificate tipo carbon fossile.

Ok, ma adesso avremo l’acqua nelle fontane, pare. Che finora non c’è stata, perché tenerla “richiedeva manutenzione”. Un po’, diciamocelo, come se avessimo progettato e costruito una fuoriserie, ma esserci dimenticati che ci voleva la benzina.

29 maggio 2021 – © riproduzione riservata

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