Se il padre è assente

[di Anna Cappuccio, pisicologo clinico, psicoterapeuta]

Il padre, come la madre, riveste un ruolo fondamentale nel percorso evolutivo del bambino. Funzione affettiva e funzione normativa, infatti, si intrecciano attraverso la relazione tra madre e padre, dando ai figli la possibilità di sperimentare amore e accudimento, ma anche regole e confini, elementi fondamentali per uno sviluppo emotivo equilibrato e per un soddisfacente adattamento al mondo. Ma cosa succede quando il padre è assente? Il vissuto è diverso se l’assenza è dovuta ad eventi dolorosi come la malattia o la morte o se non è legata ad una non presenza tra le mura domestiche, ma piuttosto ad una non disponibilità emozionale, una chiusura non episodica, ma costante e prolungata nel tempo. In questo caso, è una difficoltà ad entrare in una relazione empatica e profonda con i figli, in un rapporto che possa trasmettere loro la fiducia nel mondo, il coraggio di affrontare la vita, la curiosità e la fiducia in se stessi. Questo avviene per problematiche personali o per percorsi di vita non adeguatamente affrontati e risolti o per una conflittualità all’interno della coppia genitoriale che rendono difficoltosa se non impossibile l’educazione e l’accudimento condiviso dei figli. Nel primo caso il padre non riesce a costruire una propria immagine identitaria, diventando una fotocopia del materno, un tato buono e avvolgente, o andando ad assumere un ruolo filiale di completa dipendenza dalla moglie. Di conseguenza i figli percepiscono una distorsione relazionale perché il padre non si pone come figura di riferimento e non è capace di fornire la spinta emozionale per far sì che loro possano aprirsi alla scoperta del mondo con curiosità e fiducia. Il bambino rimane così intrappolato in un legame forte e simbiotico con la madre, legame che dà protezione, ma che con il tempo diventa soffocante e limitativo per l’apertura agli altri. Nel secondo caso il padre, nel tentativo di allontanarsi e contrapporsi alla moglie, può diventare rigido, autoritario o addirittura abbandonico. In questi casi il bambino sperimenta il vuoto di un’espulsione emotiva dalla vita del padre, di un rifiuto relazionale con gravi ripercussioni sull’immagine di sé, caratterizzata da una carenza di autostima, e sul rapporto con la vita, affrontata con atteggiamenti pessimistici e rinunciatari. In tutto questo, la madre può svolgere un ruolo di compensazione importantissimo. Lo fa mantenendo viva la memoria di un padre portato via dalla malattia o da incidenti, lasciando spiragli per poterlo continuare a vivere anche solo interiormente, lo fa cercando di non svalutare il padre che ha scelto di non essere presente e favorendo, fin dove è possibile, il rapporto con il figlio. Quando, però, l’assenza crea eccessiva problematicità e disagi emozionali allora la psicoterapia può diventare lo spazio in cui poter costruire una possibilità di benessere nonostante il vuoto e l’abbandono, una possibilità di mettersi in gioco con la vita in prima persona, nonostante le ferite che si portano dentro.

27 marzo 2021 – © riproduzione riservata

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