Il diabete mellito

[di Fausto Bolinesi – medico di famiglia]

I principali segni e sintomi del diabete mellito, sete intensa ed emissione di abbondante urina, sono stati descritti fin dal primo millennio avanti Cristo, ma si è dovuto attendere la seconda metà dell’Ottocento per scoprire, utilizzando come cavie i cani, il ruolo fondamentale del pancreas nel mantenimento dei valori di glucosio nel sangue che sono elevati appunto nel diabete. Si parla di diabete mellito, cioè dolce, per distinguerlo dal diabete insipido, una patologia completamente diversa, in cui si urina molto per una carenza di un ormone (ormone antidiuretico). Il diabete mellito è classificato in tipo 1, un tempo definito giovanile, e tipo 2, un tempo definito dell’adulto. Nel diabete tipo 1 l’organismo stesso produce anticorpi che danneggiano le cellule produttrici di insulina. Nel diabete tipo 2,che rappresenta oltre il 90% dei casi di diabete mellito, l’organismo sviluppa una resistenza all’azione dell’insulina che viene così secreta anche in grande quantità, ma che alla fine tende ad esaurirsi. 

Convenzionalmente oggi si considera diabete una glicemia a digiuno superiore a 126 mg/dl oppure il valore della emoglobina glicosilata superiore a 6,5%. La glicemia è la misura della quantità di glucosio presente nell’istante in cui viene effettuato il prelievo, mentre l’emoglobina glicosilata rappresenta la media dei valori glicemici degli ultimi tre mesi. L’undici gennaio 1922, data che resterà nella storia della medicina, Frederick Banting dell’Università di Toronto e Charles Best, un suo studente, iniettarono in un ragazzo in coma diabetico di 14 anni un estratto di un particolare tessuto del pancreas chiamato isole di Langerhans, da qui il nome insulina. Il ragazzo si riprese dal coma e morì tredici anni dopo per una polmonite. In questi cento anni sono stati fatti passi giganteschi nella conoscenza e quindi nella cura di questa malattia: l’insulina non è più quella estratta da pancreas animali e può essere somministrata con microinfusori, inoltre esistono diverse categorie di farmaci orali che riducono la glicemia non più solo stimolando il pancreas a secernere insulina, ma favorendo l’utilizzazione del glucosio da parte dei tessuti dell’organismo, oppure riducendone l’assorbimento a livello gastrointestinale, o anche favorendone l’eliminazione attraverso le urine. Eppure, il diabete mellito (tipo 2) è sempre più diffuso, nonostante le gravi complicanze che comporta, sia a livello delle grandi che piccole arterie: infarto, ictus, danno a livello oculare (retinopatia diabetica), renale e anche neurologico. Un po’ perché l’esordio della malattia e il suo decorso iniziale sono subdoli, ma soprattutto perché si ignorano o non si mettono in atto i cardini della prevenzione e della terapia: la dieta el’attività fisica. Ma si sa, se le vie che conducono all’inferno sono lastricate di buone intenzioni, quelle che conducono al diabete mellito e alle sue complicanze sono lastricate di gola e di sedentarietà.

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