Wish list | di Kathia Giordano

Sono le quattro e quaranta del mattino. Si sveglia con un mal di testa da manuale e la bocca impastata. Dev’essere colpa della pizza divorata la sera prima, dopo mesi di dieta ferrea. Si rigira nel letto, ma l’arsura la costringe ad alzarsi per andare a bere e così inizia la sua giornata: troppo presto e di malavoglia.  Approfitta del silenzio e del buio per fare una wish list, come quando era bambina. Ogni anno ne fa una in prossimità del Natale. Una lista lunga di cose che le piacerebbe ricevere in dono, da chi ama o dalla vita, per alleviare quel peso nel cuore che si porta dentro da sempre. Si sdraia sul divano a guardare il soffitto quasi fosse un foglio bianco da riempire, mentre le luci a intermittenza dell’albero creano ombre tutt’intorno. Adora questo simbolo pagano di festa. 
Da bambina lo facevano vero, nel salone, con le palline di vetro di tanti colori diversi e con i fili argentati e dorati messi sui rami a riempire gli spazi vuoti lasciati dalla natura. Non aveva l’allure e l’opulenza degli alberi moderni, sintetici, simmetrici, con le decorazioni perfette e ogni anno con un tema diverso, ma il suo profumo si spandeva ovunque nell’enorme salone e, insieme alla legna che ardeva nel camino, faceva la sua bella figura. Lei era sempre stata maldestra e non partecipava attivamente all’addobbo, ma da lontano osservava e aspettava trepidante il momento in cui avrebbe messo ai piedi dall’albero, finalmente scintillante, una piccola capannina di legno con la natività di gesso e col bambinello già incollato sulla mangiatoia. Tutto molto semplice e spartano eppure magico. Ogni giorno andava a controllare che tutto fosse a posto, aiutava a spazzare gli aghi caduti a terra e poi correva via a giocare. Il salone era una grande sala fredda e disabitata per gran parte dell’anno con imponenti mobili antichi e gli argenti di famiglia. Si entrava lì un paio di volte a settimana per le pulizie e si animava solo durante i pranzi di famiglia d’estate, quando venivano i parenti dalla città a villeggiare in montagna e si imbandivano ogni giorno allegre tavolate o, nel periodo natalizio, quando si accendeva il grande camino. Restava ore incantata a guardare le lingue di fuoco, ad ascoltare il crepitio della legna e a sperare che nevicasse tanto da fare un omino di neve più grande di quello dell’anno precedente. Aveva sempre pronto un cappello vecchio e una sciarpa lisa per l’occasione…
La suoneria della sveglia interrompe bruscamente i suoi ricordi. Controlla l’ora.  È mattino anche per il resto della famiglia, ormai. Si alza dal divano lentamente, spegne le lucine, apre le tapparelle, si accomoda la vestaglia e, sistemandosi i capelli con le mani, va in cucina a prepararsi un tè. La wish list dovrà aspettare ancora un po’. 

18 dicembre 2020 – © Riproduzione riservata

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