Vita da papà. Incastri | di Simone Rocchi

La sveglia si agita sul comodino. 
Fuori è ancora buio e tocca al display del cellulare illuminare d’azzurro il soffitto. A volte mi domando come andrebbe il mondo se invece delle dolci sveglie polifoniche avessimo ancora quei suoni allarmanti e ripetitivi, del tutto simili a grida e che per fortuna resistono solo nei film, per far capire allo spettatore che il protagonista è in ritardo.

La lunga estate è del tutto sparita e anche quel piccolo ritorno di primavera, che i telegiornali ormai chiamano confidenzialmente “ottobrata” si è ormai dissolto.
«Lo guardi un attimo tu, che faccio una doccia?».

Annuisco convinto, con gli occhi però ancora cisposi; meno di trenta secondi e sto per riaddormentarmi, quando Mamma Bonnie mi richiama all’ordine: «Occhio, che se si sveglia poi è un problema tuo». Niente interpretazioni da Piccolo Principe, quindi: si guarda con gli occhi aperti, nel mondo reale.

Mezzora di tregua e iniziano gli incastri: uno si veste al buio e l’altro prepara la colazione; uno addenta di corsa una crostatina mentre sceglie i vestiti di JR, l’altro predispone l’ovetto dentro all’auto e cerca le chiavi di casa.

Fuori è sempre buio, ma sul vetro dell’auto cominciano a comparire le prime goccioline di pioggia, quella sottile sottile, buona giusto per bagnare l’asfalto e mandare il traffico in tilt.
Ci diamo il cambio lungo le scale, come in una staffetta, e ripetendoci gli orari di uscita e di rientro: uno scende a cercare il sacchetto dei pannolini e l’altro dà una pulita alla lettiera dei gatti, che hanno rinunciato a seguirci e ora ci guardano perplessi, ma giusto un po’, con quello sguardo che si riserva agli esseri inferiori che nonostante un discreto benessere continuano ad affannarsi dietro a questioni da nulla.

JR, nel frattempo, apre gli occhi e viene cambiato. 
Per il risveglio c’è una canzoncina fissa, che lo mette di buonumore. Per fargli mettere la giacca e le scarpe, invece, serve accendere la tv e cercare George, la scimmietta curiosa che condivide la casa con l’Uomo col Cappello Giallo (e combina un disastro dietro l’altro).

Quando usciamo, l’anta dell’armadio in camera non scorre bene e sul tavolo ci sono ancora le tazze sporche della colazione.
Siamo in orario, ma la sensazione è di essere comunque in ritardo per qualcosa.

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