Vita da papà. Ikea Family

[di Simone Rocchi]

Tutta una serie di coincidenze storiche, organizzative e sociali fanno sì che, in un nuvoloso sabato mattina di fine novembre, ci ritroviamo in un centro commerciale; cioè in uno dei luoghi dove meno vorrei essere, soprattutto in questo momento della settimana, ma tant’è.

Per me, ad ogni modo, è l’occasione di partecipare al mio primo Swap Party, vale a dire un evento durante il quale le persone si scambiano oggetti usati, tipicamente indumenti: l’occasione perfetta per liberarmi di un paio di jeans pagati un occhio della testa (che infestano l’armadio raccontandomi una bellissima storia nel corso della quale il mio girovita cambierà) e di due maglioni color grigio topo, che andavano bene giusto per la foto di classe del liceo, quando l’abbigliamento non era in cima alla lista delle cose negative che un osservatore avrebbe notato. Per motivi che mi sfuggono, c’è pure un DJ, che spara musica pessima ad un volume esagerato muovendo il collo e la testa ad un ritmo che sente solo lui.

Mancano pochi minuti all’inizio e la fila inizia ad allungarsi. Sono l’unico uomo. Credo sia anche per questo che, appena scatta il via, io e JR facciamo istintivamente un passo indietro, tornandocene sull’uscio. Mamma Bonnie invece avanza senza paura. E allora noi la guardiamo danzare tra gli stender, evitare donne che caricano a testa bassa ogni appendino e infine compiere una vera impresa: ricomparire nel giro di cinque minuti con quattro o cinque capi della taglia giusta, di cui avrei realmente un gran bisogno e che io non avrei mai le energie morali per acquistare durante una vera seduta di shopping, che peraltro evito con una discreta costanza. Mi fiondo nel camerino, faccio la prova, JR paga e siamo fuori.

Fuori, si fa per dire; perché adesso ci sono da prendere gli addobbi di Natale; qualcosa che dia alla casa un tocco di colore senza essere immediatamente abbattuto da JR o dai gatti. Sarà un caso, ma la risposta si trova, luminosa, davanti a noi: l’IKEA. Il Paradiso della Brugola. Quel luogo incantato dove entri per comprare una mensola per il bagno ed esci con quaranta cianfrusaglie destinate ad intasare i cassetti della cucina per anni.

Serve dividersi i compiti: Mamma Bonnie, l’unica in famiglia dotata di buon gusto, si occupa della scelta degli addobbi, mentre a me il compito, non da meno, di tenere occupato JR. Che nel tempo che impieghiamo per decidere si è già impossessato di un paio di palloncini di una nota catena di hamburgherie. Entriamo nello store e ci dividiamo. La fortuna mi arride, visto che poco oltre l’ascensore troviamo subito una cesta colma di palloni di stoffa e persino un quadrato dove usarli (nel quale ovviamente JR rimane meno di venti secondi, ritenendo di gran lunga più divertente spedire i palloni in mezzo ai carrelli).

La cosa dura una decina di minuti, fino a quando il pargolo viene raggiunto da due bambine più grandi di lui. Loro lo fissano tutte sorridenti e occhi a cuore, mentre lui le fissa e basta; concede giusto un sorriso prima di tornare alla cesta delle palle. Finisce così, Calcio 1 donne 0: ma le cose cambieranno, eccome.

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