Uto Ughi

Grande successo per il violinista Uto Ughi al concerto inaugurale della stagione 2015/2016 del Teatro Carlo Gesualdo di Avellino. Un grande nome che non ha bisogno di presentazioni: orgoglio tutto italiano di fama internazionale, basti pensare che a soli 12 anni era già un talentuoso concertista conteso dalle varie istituzioni musicali. Durante i due giorni dedicati al capoluogo irpino è stato ospite, oltre che del “Carlo Gesualdo”, anche del Conservatorio di Musica Domenico Cimarosa dove ha incontrato allievi e docenti. Ne è scaturito un interessante dibattito dal quale è venuta fuori una fotografia che denota il degrado e l’impoverimento culturale che imperversa nel nostro Paese.
Il Maestro, da anni impegnato nella divulgazione della cultura musicale, conduce una battaglia contro la scarsa attenzione o addirittura l’indifferenzadelle istituzioni verso i veri valori. «Stanno svendendo il patrimonio culturale italiano e l’arte va a rotoli». Con queste parole sintetizza il vero problema che attanaglia quell’ Italia invidiata e imitata in tutto il mondo per il ricco patrimonio culturale ed artistico che custodisce o meglio, incustodisce. Un’Italia in cui la grande arte è messa in secondo piano mentre viene dato ampio spazio a quelli che definisce «Onesti cantautori con pretese intellettualistiche che denotano solo un grande vuoto mentale». Il violinista si scaglia anche contro i media e quei critici musicali che contribuiscono a questa situazione di torpore, assecondando quelle che sono le regole dettate dal mercato. Spesso vengono promosse delle scelte dal retrogusto prettamente commerciale che poco hanno a che fare con le nostre tradizioni musicali. Ma la cosa più preoccupante è l’accettazione incondizionata e la mancanza di reazione anche da parte della società ormai assuefatta a questi modelli estetici.
A tal proposito, interessante è l’intervento del M° Carmine Santaniello direttore del “Cimarosa” che, dopo un’attenta disamina sull’attività di ricerca e produzione  nei Conservatori  d’Italia, propone di osservare un minuto di silenzio sospendendo l’esecuzione dei concerti istituzionali nel periodo natalizio. Una forma di protesta singolare che potrebbe sembrare un paradosso, ma un silenzio nel momento meno opportuno potrebbe attirare le dovute attenzioni del mondo politico e di tutti noi. Quella che stiamo vivendo è sì una crisi economica ma ancor di più è una grande crisi d’identità culturale che ci rende poveri dentro, ci narcotizza e ci rende sterili all’Arte, ci disabitua alla ricerca della perfezione e al gusto del bello, con gravi conseguenze sulle future generazioni.

16 ottobre 2015 – © Riproduzione riservata
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