Un’altra giornata in dad

[di Barbara Cuppari]

“Stai zitta e seduta, scrivi dritto nella linea, ascolta bene e non deconcentrarti!”. Eccoci qui, alle prese con la dad. Classe prima elementare.
I bimbi si collegano al Meet, si salutano, la maestra deve ancora iniziare, i microfoni sono aperti, le telecamere accese su scrivanie, camere, cucine, divani. E in sottofondo, ben distinto, si sente provenire da una qualche stanza remota il vocione di una madre piuttosto inquietante. Seguono attimi di silenzio, qualcuno chiede: “Ma cos’è sto casino?!”. Risponde timida mia figlia: “Scusa maestra, ho dimenticato di spegnere il microfono!”; la maestra risponde “Va bene”.
Va bene, mica tanto. Genitori, bambini, insegnanti. Tutti a cercare di farcela, spesso soli o con la sensazione d’esserlo, tutti a barcamenarsi tra mille difficoltà.

“Che c’è Elisabetta, perché piangi?”, chiede la maestra, che intravede poco i volti dei bambini col collegamento che spesso salta. “Non ce la faccio, non capisco”. “Non c’è lì la tua mamma?”. “No, la mia mamma è con il mio fratellino”. “E qualche fratello maggiore?”. “No, sono io la maggiore”. Una bambina di sei anni, da sola ad affrontare una lezione online. Ha tutto il mio rispetto. E quello della maestra, che cerca di calmarla dicendole che non importa, recupererà quel che non riesce a fare, tutto verrà spedito via mail/registro elettronico/classroom… e chi più ne ha più ne metta.

“Betty non ho capito, cosa hai detto?!”. “No maestra, non ero io a parlare, è mio fratello che fa lezione all’infanzia”. “Diego, chiudi la porta. Betty, tutto bene? La mamma deve scrivere alcuni progetti, mandare mail, ricevere telefonate, ma se avete bisogno ci sono!”. “Maaaaamma!”. “No ragazzi no, così non ce la faccio”.
È snervante. È difficile, a tratti impossibile anche per noi mamme. Inizi un lavoro e devi interromperlo dopo due minuti. Perché no, una bambina di sei anni, un bambino di quattro e uno di un anno e mezzo non sono poi così autonomi. Puoi provare a fregartene e abbandonarli lì davanti al pc, in qualche modo se la cavano sempre, ma ti dispiace. Ti senti addosso la responsabilità di doverlo fare. Saltelli da uno all’altro, qui serve un pastello, qui siamo rimasti indietro con le operazioni. Poi all’improvviso ti fermi e li guardi.

Vedi due bambini davanti ai computer. A gestire microfoni, presentazioni, mail. Ci provano, fanno del loro meglio, ascoltano, rispondono. Imparano a leggere e scrivere da uno schermo, talvolta da un cellulare.  La lezione pesa, così. A tutti. “Maestra, posso andare in bagno?”, “Maestra, io devo temperare il rosso”, “Io ho finito la pagina, cosa faccio?!”. Mi vien da sorridere, mi metto nei panni degli insegnanti, penso a quanta pazienza ci voglia.

“Maestra ci manchi”, ci tengono a dire i bambini. “Anche voi mi mancate, guardate qui, sto facendo lezione guardandovi dentro a un computer mentre me ne sto seduta in cattedra e davanti a me ho banchi vuoti, in una classe vuota. Mi mancate, bambini”.

E poi non finisce qua, perché dopo una mattinata alle prese tra linea, seguire la lezione anche dalle altre stanze, pulire, iniziare a cucinare e gestire tutti e tre i bambini… subito dopo il pranzo si inizia di nuovo con i compiti da fare a casa, sempre tanti. Così, da mamma diventi l’improbabile insegnante, e tutto quello che abbiamo appreso in videolezione lo dobbiamo mettere in pratica, da sole, senza sbagliare, senza aiutare troppo, che i bambini perdono autonomia, ma neanche troppo poco, che i bambini si sentono abbandonati!

Arriviamo a fine giornata distrutte, stanche, in attesa che arrivi venerdì, almeno il sabato possiamo dormire di più, poi abbiamo meno da fare. La linea e il computer non fanno capricci, poi questo distanziamento il fine settimana lo sentiamo meno, con i papà a casa.

Fa male vedere tutta questa situazione, fa male vedere questi bambini e insegnanti attaccati ad un pc, fa male sentir dire a dei bambini piccoli “Appena finirà giochiamo a palla, promesso!”. “Maestra, ma quando finirà?” E non poter dar loro risposte certe, perché poi, anche noi non vediamo l’ora che tutto questo finisca e risposte certe non ne abbiamo, nemmeno per noi. 

Una volta, esausta, ho urlato: “Non ti connettere, non va la linea e io non voglio impazzire… basta non chiamarmi ogni secondo, ma in classe come facevi senza di me?!”. Ma poi mi sono fermata a riflettere, e ho visto la mia piccolina che sembra una donnina che riesce a stupirmi seguendo tutto, e apprendendo bene. Certo in presenza è molto meglio, ma sola davanti a un pc, vestita sopra e sotto con il pigiamino, lei con il suo sorriso mi riempie di gioia, mi fa capire quanto ha bisogno di me… e quindi, ho respirato forte e ho cercato ancora una volta la connessione. “Maestra buongiorno…ci siamo… ci sente?”

E si ricomincia. Un’altra giornata in dad.

30 aprile 2021 – © riproduzione riservata

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