Un grattacapo in più

Le scuole hanno da poco riaperto i battenti. Tra i tanti problemi da affrontare sembra che ci sia un grattacapo in più: il pidocchio “mutante”.  Proprio in coincidenza dell’apertura del nuovo anno scolastico dagli USA arriva la notizia che sarà ancora più difficile combattere i pidocchi perché stanno diventando sempre più resistenti alle sostanze utilizzate per combatterli. L’allarme è stato lanciato in occasione dell’ultimo congresso annuale dell’American Chemical Association. Lo studio, presentato dal dr. Kyong Yoon  della Southern Illinois University afferma che la resistenza è data da un gruppo di tre mutazioni dette ‘knockdown’ (kdr). Averle tutte e tre conferisce una resistenza totale, averne solo una o due, una resistenza parziale.
La pediculosi (così è detta l’infestazione dei pidocchi) del capo è dovuta ad un piccolo insetto bianco-grigiastro lungo circa 4 mm (assomiglia ad un ragnetto  con l’addome però più allungato)  che vive esclusivamente sul corpo umano e che per nutrirsi succhia il sangue. La femmina del pidocchio vive circa 3 settimane e depone, soprattutto all’altezza della nuca, delle tempie, sopra e dietro le orecchie, fino a 300 uova (lendini) per ciclo vitale. Le uova biancastre sono saldamente attaccate alla radice del capello, sono lunghe circa 1 mm e di forma allungata. Le uova vengono deposte 24 o 48 ore dopo l’accoppiamento e si schiudono dopo 6-9 gg. Il contagio avviene per contatto diretto ed è molto più frequente là dove ci sono più teste che possono entrare in contatto tra loro come scuole, oratori, palestre. Il contagio si attua anche  attraverso lo scambio di pettini, spazzole, fermagli, sciarpe, cappelli, asciugamani, cuscini. Non serve disinfestare gli ambienti frequentati dai bambini perché il pidocchio muore da solo se lontano 2-3 giorni dal cuoio capelluto. Non è vero che i pidocchi saltano da una testa all’altra così come non è vero che i pidocchi vengano trasmessi dagli animali. La battaglia che si intraprende contro i pidocchi è dovuta non tanto al fatto che possono trasmettere infezioni (al massimo danno prurito) quanto per il disgusto che suscitano e soprattutto per l’opinione diffusa che li associa alla “sporcizia”. Anche la persona più attenta alla pulizia può esserne infestata. Non esistono prodotti che prevengono la pediculosi: l’unica prevenzione è controllare i capelli almeno una volta a settimana utilizzando un pettine a denti stretti. Il trattamento consiste nel lavaggio in lavatrice a 60°C di tutto ciò che entra in contatto con la testa e nell’applicazione sui capelli asciutti di sostanze che uccidono gli insetti adulti. Per essere efficaci tali prodotti vanno lasciati agire per 10 minuti e vanno riapplicati dopo 7-10 giorni perché inattivi sulle uova. L’aumento delle resistenze è dovuto alla scorretta applicazione di tali prodotti. Molto spesso, per vergogna, non ci si consiglia col pediatra, ci si affida al “fai da te” e la terapia viene attuata in malo modo.
Quando in una scuola si viene a sapere che c’è stato un caso di pediculosi si alza un muro di omertà, poche mamme hanno il coraggio di dire che i loro figli hanno i pidocchi. Negare il problema comporta un ritardo della diagnosi e del trattamento favorendo così ulteriori contagi. Gli insegnanti allora, pur di arrestare l’epidemia, richiedono a noi pediatri inutili certificati a tappeto che attestino l’assenza di pediculosi nei bambini. Per la riammissione a scuola di un bambino realmente affetto può bastare un’autocertificazione dei genitori in cui si attesta che è stata praticata la terapia, il bambino può rientrare in comunità già il giorno dopo il primo trattamento. Solo in caso di frequenti recidive è giustificata la richiesta di un certificato medico di non contagiosità che potrà permettere la frequenza della scuola ai casi accertati.

2 0ttobre 2015 – © Riproduzione riservata
Facebooktwittermail