Un giorno di orticaria e follia

[di Ernesto Giacomino]

Benritrovati, in primis. A chi era andato ed è tornato, a chi è ancora fuori, a chi non si è mai mosso. A proposito di stanziali: ci avete fatto caso che quest’anno, ad agosto, Battipaglia pare essersi svuotata più che in passato? Roba che la crisi è finalmente alle spalle, come dicono i politici? O semplicemente qualcuno ha beccato il gratta & vinci giusto e ha invitato in vacanza l’intera città?
Macché: la verità, diciamocelo, è che quest’anno s’è scappati. Con o senza soldi, potendoselo permettere o meno, spaziando dal mese in villaggio turistico al week end in tenda ad Acerno. Il tanfo perpetuo d’immondizia, la balneabilità a targhe alterne, le provinciali per il litorale ridotte a crosta lunare (“un piccolo passo per l’uomo, un grande danno per gli ammortizzatori”), l’illuminazione assente, il traffico da esorcismo, pare abbiano indotto anche il più oculato o taccagno a spaccare il salvadanaio e trovare destinazioni più salubri per la famiglia.
E vai a dargli torto, dico. Sulle spiagge locali sono riuscito a starci un solo giorno: arrivo, parcheggio, discesa a mare, mezza giornata di sosta, ripartenza alleggerito di almeno una decina d’euro tra parcheggio e un paio di puntate al bar con famiglia. A non averci ombrellone e lettino già fittato, inoltre, c’erano da aggiungere minimo quindici euro per il posto in spiaggia. Il tutto, per un mare a metà tra la palude di Shrek e la colatura del cambio d’olio d’una Panda 30. Per l’unica sabbia al mondo che arricchisce i dermatologi con un ventaglio di patologie dall’eritema a scacchiera alla metamorfosi da pelle in squame. Per una cortesia e disponibilità degli addetti seconde solo a quelle di Mr. Hyde quand’è di malumore. Per un tragitto centro-litoranea da farsi con la formula del decathlon: un terzo con l’auto, cento metri col trattore, tre curve in aliante, il resto tagliando in hovercraft per cespi e sterpaglie.
Altrove, con la nostra stessa estensione di litorale, si arricchirebbero. Ho visto centri turistici fatturare milioni sfruttando due misere insenature balneabili tra chilometri di coste rocciose. Cittadine spazzate dal mistral per dieci mesi l’anno imbottite di villeggianti sui pochi tratti di spiaggia sottovento. Sobborghi senza servizi e parcheggi spaccarsi in due per inventarsi scale d’erba e terra e permettere l’accesso al mare.
Noi, paradossalmente, avremmo tutto: arenile, strade, spazio, pineta. E non funziona niente. Ma non solo: non pare esserci proprio l’intenzione, di fare qualcosa. Mare a parte, intendo (e relativa, annosa questione della depurazione), da anni non si rileva un solo tentativo di mettere un lampione – o intercedere con chi deve farlo – o ripristinare la pista ciclabile, o mettere un asfalto che duri più di tre mesi, o provare a intervenire sulla pineta (abusivismo edilizio incluso), o fare interventi di pulizia e manutenzione senza affidarsi al buon cuore di volontari e associazioni ambientaliste.
Il pane che arriva a chi non ha i denti, si dice. Eppure noi li avremmo entrambi: lo vediamo, lo sentiamo, ce lo riconoscono. Quello che manca, in realtà, è la voglia di masticare. Forse perché – nonostante i proclami ciclici di stento e disagio – siamo davvero già sazi.

8 settembre 2017 – © Riproduzione riservata
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