Tutto il resto è noia

[di Ernesto Giacomino]

La chiamano voglia di normalità, è quella cosa per cui diventa logorante vivere sempre e comunque una condizione da privilegiato. Tipo qua a Battipaglia, voglio dire, dove di problemi comuni e quotidiani – quelli spiccioli, insomma, tipo manutenzione, o sicurezza, o viabilità – non ce n’è più da un pezzo, e allora gli aspiranti sindaci per accaparrarsi voti devono dirigersi su programmi che evitino banalità e promettano opere eccezionali: l’alta velocità, la metropolitana leggera, il tunnel sotto la Manica, il satellite-spia contro i bombardamenti russi.

Che ti vai a inventare, se no? Interventi d’ordinaria amministrazione come il recupero del verde cittadino? La cancellazione di scritte, svastiche e rappresentazioni urologiche varie da mura pubbliche e facciate di palazzi? La solfa dell’eliminazione delle barriere architettoniche? Niente, nada, niet: già tutto fatto. Per dire, abbiamo scivoli per le carrozzelle, sui marciapiedi, talmente efficienti che ci hanno scritto da un centro di riabilitazione del Massachusetts per averli uguali. Giusto quei sette-otto centimetri di rialzo da terra, non di più: che le ruote non riescono a salirci manco con la carrucola, e ok, ma manco possiamo fare tutto noi. Per rinforzare polsi e bicipiti ci sono le palestre, è giusto che si lavori un po’ tutti.

Campo minato, peraltro, anche sul versante del degrado urbano: è scomparso da una vita. L’illuminazione pubblica ha sì e no trent’anni, è nel pieno della giovinezza, che ti vai a rimpiazzare. È anche di quel modernissimo modello per cui in un lampione funzionano sempre un massimo di due lampadine su tre: una concezione pioneristica di risparmio energetico che Beghelli scansati.

Sul decoro degli edifici, poi, manco a parlarne: s’è scoperto che quelli che paiono scempi a bombolette su ogni centimetro cubo di città sono, in realtà, riverberi colorati della luce solare. Un raro fenomeno ottico, tipo aurora boreale. Ci sarebbero da fare applausi, altro che critiche.

In cotanta perfezione, come può un aspirante sindaco promettere roba comune? Allora eccotelo là: le grandi opere. La roba di cui ciascun battipagliese non può fare a meno, e manco si capisce finora come abbia fatto senza. Via le scuole De Amicis, e al loro posto un museo raccogliente tutti i musei che espongono cimeli di musei, e così via fino a un viaggio nel tempo nel Paleozoico. Riconversione del PalaZauli in un centro sperimentale per sperimentare sperimentazioni sperimentabili, in fila per sei col resto di due. Istituzione del tratto fluviale Tusciano-Spineta per il trasporto di bagnanti, con montaggio di galleggianti a razzo sotto i pullman di linea. Un secondo sottopasso ferroviario, nel rione Sant’Anna, o nel rione Stella, o da qualunque parte poi sia effettivamente impossibile realizzarlo. La metropolitana leggera, poi: il prolungamento di quella che a Salerno già non esiste, ma che vanta fermate costruite e mai entrate in funzione dall’Arechi a Pontecagnano.

È così: se sali sul palco d’un comizio, in una città già di suo così emancipata e all’avanguardia, non puoi tararti sulla risoluzione degli stessi, stantii problemucci che affliggono le comunità circostanti. Occorre il salto di qualità. E un atterraggio, nella realtà, possibilmente indolore.

15 maggio 2021 – © riproduzione riservata

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