Terra bruciata

Li riconosco nel momento in cui li guardo negli occhi. Tutto il resto cambia: l’altezza, i capelli, l’aspetto, ma gli occhi no.
È la parte del corpo che mi resta riconoscibile. Nei loro occhi rivedo il bimbo o la bimba che ho visitato anni addietro. Occhi timorosi, occhi vispi, occhi lacrimosi, occhi intelligenti. E d’estate li rivedo. Quei bimbi, ormai adulti, mi portano i loro figli e riconosco con piacere i loro occhi intelligenti. Sì, perché la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze ai quali appartengono questo genere di occhi non vive a Battipaglia. Sono scappati via dal nostro paese perché costretti. Sono ragazzi brillanti, con o senza laurea, che non hanno trovato qui la possibilità di utilizzare i loro talenti, le loro capacità e le loro competenze al servizio della nostra comunità. E noi ci impoveriamo sempre più perché un territorio inaridisce quando perde la sua linfa vitale, ovvero le sue menti migliori. Ritornano perché qui vivono i loro cari e non per i luoghi che li hanno visti crescere. Mi raccontano della loro vita in altre nazioni, altre città, altre realtà sociali. Paragonano la qualità di vita che adesso conducono e che possono offrire ai loro figli con quella che noi viviamo oggi a Battipaglia e che loro stessi hanno vissuto da piccoli. Avverto nella loro voce rammarico e una specie di rabbia. Mi sento in colpa: la mia generazione probabilmente ha solo preso ma ha dato poco a questa città. Il nostro territorio, certo anche per colpa della congiuntura economica, negli ultimi decenni ha perso slancio.
La nostra zona industriale è dedita prevalentemente al riciclaggio dei rifiuti più che allo sviluppo di tecnologie d’avanguardia. L’ambiente che ci circonda è sempre più devastato. L’aria è ammorbata dai miasmi che soprattutto d’estate, e da diversi anni ormai, si è costretti ad inalare. La qualità delle acque del nostro mare è scadente. Le colline che ci circondano sono state letteralmente mangiate dalle cave. I pochi alberi che ancora rimanevano, quest’estate in particolare, sono stati distrutti dal fuoco appiccato da persone senza coscienza. Cosa stiamo lasciando ai nostri figli, ai battipagliesi di domani?
Conosco bambini che frequentano solo le elementari ma che avvertono già l’esigenza di scappare via da Battipaglia perché, mi dicono, non c’è niente che li lega veramente alla nostra città.
Come biasimarli? Affinché un giovane possa sentirsi legato al proprio paese deve innanzitutto sentirsi radicato nella comunità in cui vive. Le radici si infittiscono grazie alla qualità dei rapporti sociali che i giovani possono costruire, non solo a scuola, ma anche in occasione di iniziative culturali e ricreative rivolte a loro e al mondo dell’infanzia in generale. La crescita personale e collettiva passa, tra l’altro, attraverso il confronto tra pari e figure di spicco della nostra società, organizzando incontri e dibattiti sui temi scottanti e di attualità.
Bisogna educare le coscienze dei giovani all’appartenenza ad una comunità vera e solidale, rispettosa della legalità, del proprio simile, dell’ambiente e del territorio che la circonda. Si deve dare la possibilità alle nuove generazioni di poter mettere in gioco le loro potenzialità, di poter realizzare le loro idee innovative, di poter contagiare con la loro energia la comunità intera spingendola verso nuovi e più ambiziosi traguardi. Se intorno a loro c’è solo terra bruciata, così come le nostre colline in questa estate rovente, i giovani, il nostro futuro, non possono fare altro che fuggire via.

22 settembre 2017 – © Riproduzione riservata
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