Superfluo e non essenziale

[di Antonio Abate]

Un giorno, l’ennesimo, passato praticamente in casa, senza la possibilità di vedere gli amici e di trascorrere qualche ora spensierata dopo una settimana, l’ennesima, piò o meno lunga e più o meno stancante.  Dopo una settimana trascorsa per la sua maggior parte davanti a un pc a preparare lezioni a distanza, parlare con la gente su Skype. Il tutto, perché ciò che faccio rientra in quello che da molti è stato definito “superfluo e non essenziale”. 
Non potrò andare in alcun locale a causa del Coronavirus, un locale la cui attività è stata definita “superflua e non essenziale”. Sono figlio di una madre che ha fatto della danza la sua vita. Una professionista costretta a fare lezioni a casa, a distanza, nonostante le accortezze anti-covid del caso. Una professionista la cui attività è stata definita “superflua e non essenziale”. Ora leggo di molti commercianti e professionisti che, mentre prima invocavano a gran voce la chiusura di quelle attività additate come “focolai”, si lamentano perché hanno visto anche i loro negozi, il loro lavoro, i loro sacrifici, identificati come “superflui e non essenziali”.
Potrei gioire, stupidamente, perché dopo tante accuse anche loro stanno pagando una gestione difficile di un virus ancora più difficile da identificare, un virus letale. Non mi va. Invito queste persone a leggere il famoso sermone del pastore Martin Niemoller, quello che inizia con “Prima vennero a prendere…”. Un sermone, da cui è stata tratta una specie di invocazione, che si conclude più o meno così: “E poi quando vennero per me mi voltai e mi guardai intorno, non era rimasto più nessuno”. Prima di additare senza comprendere, magari assumendo un atteggiamento sprezzante, sarebbe stato bene forse comprendere e condividere il dispiacere di tante persone, fare blocco comune che – dal rispetto delle norme al rispetto del dolore – avrebbe sicuramente evitato il dilagare di questa situazione. Oltre al virus, primo nemico da debellare, quando ne usciremo ci sarà da combattere anche la persistente e serpeggiante mancanza di empatia. Almeno finché non toccherà a “noi”, sia chiaro.

5 dicembre 2020 – © Riproduzione riservata

Facebooktwittermail