Sul carroccio del vincitore

[di Francesco Bonito]

I numeri parlano chiaro: tra quelli che hanno votato, un battipagliese su quattro è leghista. Se cinque anni fa qualcuno avesse fatto questa affermazione gli avrebbero consigliato un lungo periodo di riposo o di moderare il consumo di alcol e droghe leggere. Forse “leghista” è una definizione indigesta ai più; allora possiamo dire che un battipagliese su quattro è salviniano. Un nome che contiene in sé l’attributo fondamentale richiesto e offerto: salvifico. Sì, perché certi Italiani – spesso la maggioranza – amano l’uomo della Provvidenza, l’uomo forte che risolleva la patria. Prima Berlusconi, ora Matteo Salvini. Un desiderio di avere un comandante più che un governo, di essere truppa più che cittadinanza. Un sergente di ferro, un maresciallo d’Italia, un uomo solo al comando. A tanti Italiani piace così, è più forte di loro. 
C’è un’altra peculiarità tutta italica: riuscire a prevedere chi vincerà e salire tempestivamente sul carro del vincitore. In questo siamo imbattibili, abbiamo fiuto e prontezza: uno scatto felino esiamo tutti berlusconiani; appena serve, et voilà… siamo salviniani. Ci piace stare con chi vince, adoriamo stare dalla parte dei potenti, siamo fatti così. Le ragioni del nostro opportunismo politico vanno ricercate nella nostra storia, soprattutto in quella di noi meridionali: costretti a vivere a lungo sotto le dominazioni straniere, abituati a essere sudditi più che cittadini, abilissimi a essere opportunisti col viceré di turno, apparendo servili ma continuando allegramente nella nostra condotta anarchica e individualista. Avere avuto spesso Regni e quasi mai Comuni ha comportato questo: siamo più abituati a obbedire che a governarci da soli democraticamente. Della democrazia abbiamo capito poco, Montesquieu e Rousseau non sono le nostre letture preferite, ci piace solo votare e “portare voti”; il resto, come il rispetto delle regole, l’equilibrio tra i poteri, i meccanismi di rappresentanza, il primato della Legge, e tutto quello scritto nella nostra Costituzione, ci interessa poco. Ci piace tifare, vincere e, soprattutto, provare a essere più furbi degli altri.

31 maggio 2019 – © Riproduzione riservata

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