Sogno in stazione

[di Laura Russo]

Sono in anticipo, aspetto il mio treno e guardo le persone che mi passano innanzi. C’è la coppietta alla prima uscita dal paesino, li vedi camminare meravigliati nella grande città, mano nella mano, quasi a proteggersi l’un l’altro. 
La scolaresca portata a vedere i monumenti di Roma, a cui non importa nulla, tranne arrivare all’uscita serale, finalmente liberi da qualsiasi controllo.
Il manager con la sua valigetta, fermo per un caffè, con il PC aperto per una rapida occhiata di controllo sul lavoro da presentare. 
Il neo laureato con la mamma orgogliosa al suo fianco con tanto di corona di alloro tra le mani a ricordare il grande evento.
Un anziano, perso nel suo mondo, va avanti e indietro in cerca di qualche monetina, con i vestiti logori mentre le persone incuranti gli passano di fianco.
Due piccioni entrati da chissà dove, svolazzano facendo abbassare il capo ai malcapitati, planano a raccattare briciole ai bordi dei tavolini.
Turisti con cartine, valigie, cappellini e ricordi in buste colorate si aggirano come trottole nei loro chiassosi gruppi.
Infine, vi è la cameriera stanca che pulisce svogliatamente i tavoli tra un cliente e l’altro, mentre pensa a quello che le spetta da fare appena avrà finito il suo turno.
Che vite avranno? Dove vanno, da dove vengono, cosa pensano?… E io?
Fa caldo, mi tocca ancora aspettare, metto le cuffiette e… parte quella musica, caspita da quando non la sentivo!
Kool & the Gang, ok, è preistoria lo so, ma chissenefrega, io me li sparo nelle orecchie a palla, sorrido e inizio piano piano a muovere dapprima il piede e poi l’intera gamba.
Non voglio ma il mio corpo è indipendente… sì! La voglia sale effetto tsunami.
Non lo faccio dall’era paleolitica, forse… ma caspita se ne avrei voglia.
Shhh, ecco le luci si abbassano, un lieve venticello mi rinfresca da questo caldo asfissiante, la gente sparisce, musica altissima e io ballo come una teenager tarantolata.
«Signora, mi scusi la sedia è libera?».
Ma chi sei, cosa vuoi? La sedia… maledetto, mi hai svegliato dal mio sogno.
Sì, prego», rispondo con una specie di sorriso appena accennato. 
Mi ritrovo come quando ci si sveglia dalla pennichella dopo pranzo, resto per un po’ intontita e penso, che matta che sono, non è mica normale sognare ad occhi aperti, perché ho sognato… Vero?

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