Sfratto matto

[di Ernesto Giacomino]

Pare che anche a Battipaglia sia giunta a completamento quest’inesorabile trasformazione dei proprietari d’immobili in agenti del Sisde sotto copertura, che per fittarti a uso foresteria un bilocale più angolo wc a settecento euro al mese ti richiedono roba tipo tre mensilità anticipate, dichiarazione dei redditi, ultime ottantasei buste-paga, estratto carichi pendenti e casellario giudiziale, due fideiussioni bancarie e pegno sul corredino a uncinetto delle primogenite in età da marito. Oltre a un certificato di sana e robusta costituzione fisica o, in alternativa, tre serie da trenta flessioni, ove all’apparenza risultassi quell’attimo più cagionevole della media.

E questo, chiaramente, solo per l’aspetto reddituale. Per quello comportamentale c’è poi questa nuova formula, “fittasi solo a persone referenziate”, cioè dotate di referenze positive: come dire che quando traslochi dovresti farti scrivere dal proprietario del vecchio appartamento una lettera in cui dice di te cose bellissime tipo “inquilino modello, non sputa in ascensore, rispetta gli orari della differenziata (anzi, se l’umido è poco ne fa di più per non far vedere che siamo un condominio tirchio), cede il passo alle vecchiette al portone, i figli non possiedono palloni e il massimo del disturbo è quando pregano in ginocchio sui ceci”.

Dice: e ma vorrei vedere te, a dare roba tua in mano ad altri senza garanzie, t’immagini se le finanziarie facessero così quante ne fallirebbero? E ok, ma non è proprio così: alle finanziarie devo restituire il capitale più il loro guadagno (gli interessi); a te solo il guadagno (l’affitto) perché il capitale – cioè la casa – non è che me la prendo, la spendo e te la restituisco in sessanta comode rate da trenta mattoni l’una. La casa sta là e resta tua, e se non pago te la riprendi. E in quel caso conta poco se t’avevo dimostrato o meno d’averci un reddito, gli antenati nobili, lo zio generale di corpo d’armata: all’impronta non mi togli niente, devi metterti in fila in un tribunale e aspettare che un giudice ti dia un titolo esecutivo. Sempre ammesso che quelle buste-paga esibite non siano già gravate da crediti privilegiati come cessioni di quinti o pignoramenti.  

Questo semplicemente per dire – non vogliatemene, eh – che pare si faccia sempre più fatica a discernere il “poter pagare” dall’effettiva volontà di farlo. Non è detto che un dirigente con tremila euro di stipendio non se li infogni tutti in mojito e gratta e vinci, così come non è detto che uno studente con borsa di studio non mangi pane e mosche pur di pagare l’affitto.

Anzi, ancora peggio: se proprio vogliamo attenerci al decalogo teorico del perfetto locatore, non è detto che oggi chi ha un reddito dimostrabile sia davvero più agiato di un apparente nullatenente. Ché lo sappiamo, no, che quaggiù è da un bel po’ che viviamo l’epoca d’oro dei babà societari, delle donazioni di comodo, delle barche intestate ai bisnonni, degli imprenditori in Naspi con l’attività in capo alla moglie. Quanto valgono, quelli con l’Isee a zero ma il Rolex sul polso, in termini di affidabilità per una locazione? Sono più o meno raccomandabili di altre categorie di potenziali inquilini? Boh, chi può dirlo. Ma personalmente, tra un disoccupato vero e un altro in Ferrari, tenderei più a fidarmi del primo.

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