Semi nel deserto

[di Simona Otranto]

Non era un albero, era un seme. È un seme. Fu messo a dimora il 30 ottobre 2021, grazie al contributo e all’impegno dei cittadini, dopo la rimozione dell’enorme ceppo preesistente all’insegna dello slogan “Battipaglia on my mind”, e dedicato ufficialmente il 30 dicembre 2022 all’uomo Enzo Faenza, “difensore degli ultimi e degli emarginati, mai domo davanti alle ingiustizie e all’illegalità”. Ci saluta, nel mese di luglio, dopo quasi due anni in piazza Aldo Moro, in modo inatteso e repentino a causa di marciume radicale procurato da Armillaria sp., un fungo che attacca il colletto e le radici. Quando si manifesta sulla chioma è già troppo tardi. 

A niente è valso infatti l’intervento dell’agronomo e dell’arboricoltore ai primi segni visibili di sofferenza. A niente è servito l’amore dei residenti della piazza. Una malattia procurata o accelerata dal clima estremamente piovoso della scorsa primavera insieme ad una serie di concause. Parola di esperto, non mia. La prognosi è sciolta. L’albero è morto. Non c’è più niente da fare.

Perché? Contro chi va puntato il dito? Contro chi va scagliata la pietra? Alla morte non c’è sempre spiegazione.

Del “Cedro di Enzo” rimane il seme. Un seme che ha già iniziato a dare buoni frutti. Un seme che ha fatto moltiplicare le iniziative per il verde in città. Un seme che ha fatto piantare tanti altri alberi. Un seme che ha smosso le coscienze e coinvolto centinaia e centinaia di persone intorno al progetto “Alberi Custodi”. Un seme, tanti semi. Il più prezioso probabilmente deve ancora germinare: si chiama cura. La cura e l’attenzione che va dedicata ad ogni singolo albero fin dalle prime fasi di messa a dimora. La cura nella scelta della specie giusta nel posto giusto. La cura che va posta per ogni grande albero che ci è stato lasciato in dono. 

Che coincidenza strana che il Cedro di Enzo sia morto proprio mente lì di fianco cadeva un grosso ramo da uno di quegli alberi che proprio lui, insieme ad un gruppo di idealisti coraggiosi, si era battuto per salvare! L’insegnamento, il monito, la direzione che l’albero ci ha voluto (e mi ha voluto) indicare in modo potente e prepotente morendo forse è proprio questa: cambiare rotta. Le cose possono migliorare. E se è vero che ad arare nel deserto prima o poi ci si stanca, è pur vero che anche la terra più arida al mondo, Atacama, una volta ogni sette anni, sa fiorire.

22 luglio 2023 – © riproduzione riservata

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