Se vuoi, puoi. Davvero?
[di Daniela Landi – psicologa]
Quanto può essere confortante il messaggio che se vuoi realizzare qualcosa e cambiare una situazione basta avere l’approccio giusto? Bisogna solo volerlo per riuscirci e, attraverso una valutazione positiva delle circostanze, considerare le difficoltà come opportunità, i momenti negativi come occasioni di apprendimento, le debolezze come punti di forza da sviluppare.
Anche sui social si registra una grande diffusione di questo “approccio”: essere ottimista aiuta a risolvere i problemi e a essere felici. Sembra facile, tutti possono farcela e quando non funziona è perché non ci si è impegnati abbastanza. Ma questa semplice ricetta può essere una narrazione tossica. Come mai ha tanto successo? Forse perché contiene la promessa del controllo e della ricompensa che si può ricevere se solo si mantiene la giusta attitudine. Il messaggio persuade che basta sforzarsi un po’ di più per ottenere quello che si desidera. Questo concetto, una volta interiorizzato, contribuisce a mettere una forte pressione su se stessi e, se non si dovesse raggiunge quel benessere agognato, si può attivare un meccanismo di colpa perché si sta sbagliando qualcosa. Paradossalmente, quando c’è qualcosa che non va per il verso giusto, la colpa viene scaricata su se stessi, per cui si diventa le vittime dei propri pensieri. Occorre interrompere questo circuito perverso. Se, da un lato, è necessario non soccombere agli aspetti difficili della vita, dall’altro, bisogna anche concedersi di contattare le emozioni e quei sentimenti che, nel mito della positività a tutti i costi, vengono frettolosamente rimossi.
Sforzarsi di eliminare la negatività può aiutare a evitare di soffrire e di confrontarsi con situazioni e persone che mettono disagio. Il rischio, però, è di eliminare delle relazioni o di ignorare dei problemi sociali, quasi per non sentirsi contaminati, e, conseguentemente, di estraniarsi dalla realtà.
Il falso mito del se vuoi, puoi dimentica di considerare che non tutti hanno le stesse possibilità per realizzare i propri sogni, per una serie di motivi, tra i quali la premessa che non si nasce tutti nelle stesse condizioni familiari e sociali. Le storie individuali si incrociano con quelle familiari e della comunità di riferimento, per cui c’è chi ha una famiglia funzionale, che sostiene i suoi membri e incoraggia lo sviluppo delle individualità e dei talenti, e chi, invece, si confronta con una famiglia o con un contesto con credenze limitanti e che non contribuisce a strutturare l’autostima.
Contattando la storia individuale, i propri valori e quello che dà benessere, si determinano quelle priorità sulle quali costruire il proprio percorso, senza fare confronti con gli altri o misurarsi con le aspettative e gli standard imposti dall’ambiente esterno. A tal fine, può essere utile un percorso di psicoterapia, non alla ricerca del manuale per superare i momenti difficili, ma per incontrare chi riconosce quella storia unica e speciale, in un luogo nel quale è possibile esprimere le emozioni e i sentimenti che contribuiscono a rintracciare l’autentico senso di sé.
4 novembre 2023 – © riproduzione riservata