Referendum, si vota il 17 aprile

[di Romano Carabotta]

Il prossimo 17 aprile gli italiani si esprimeranno in merito al futuro del rapporto tra energia e territori; saremo infatti chiamati a votare per l’abrogazione o meno della norma che disciplina le concessioni relative all’estrazione in mare di petrolio e gas naturale.
Questa norma consente la ricerca di idrocarburi liquidi e/o gassosi nel mare italiano – con determinate limitazioni poste ai fini della salvaguardia delle coste e della tutela ambientale – solo in determinate «zone marine» individuate dal Parlamento e dal Ministero dello sviluppo economico. Dal 2013 sono vietate le nuove trivellazioni nel mar Tirreno, nelle aree marine protette e nelle acque comprese entro le 12 miglia nautiche dalla costa; tuttavia, le concessioni autorizzate prima del 2013 possono continuare fino all’esaurimento delle risorse da estrarre.
Il testo del quesito referendario è davvero molto confuso; semplicemente chiede se si vuole che, quando scadranno le concessioni, vengano chiusi i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se ci  sono ancora gas o petrolio disponibili. Dunque, s’esprimeranno col coloro che vogliono fermare le trivellazioni alla scadenza delle concessioni, comprese quelle iniziate prima del 2013; il no, invece, sarà la risposta di coloro che, al contrario, vogliono che le trivelle restino senza un limite di tempo. Ma quali sono le motivazioni di entrambi gli schieramenti?
Coloro che sono favorevoli all’abrogazione di tale norma, sono preoccupati non solo del disastroso impatto ambientale provocato da un eventuale incidente, ma anche dell’inquinamento provocato dalle operazioni di routine. Due terzi delle piattaforme, poi, hanno sedimenti con un inquinamento oltre i limiti fissati dalle norme comunitarie per una sostanza pericolosa (fonte Greenpeace). Inoltre sostengono che, anche se venissero sfruttati tutti i giacimenti di petrolio nelle acque italiane, il tutto sarebbe appena sufficiente a coprire il fabbisogno nazionale di greggio per sette settimane, mentre, allo stesso tempo, il nostro mare (molto delicato perché praticamente chiuso) sarebbe esposto al rischio di collasso.
Lo schieramento opposto, invece, sostiene che l’estrazione di gas e petrolio sia sicura, in quanto sono continui i controlli da parte degli organi responsabili. Inoltre, non c’è mai stato alcun incidente, né tantomeno sono stati segnalati pericoli di rilievo, mentre i dati di Greenpeace non sono applicabili  alle attività di produzione del gas metano. I supporter delle trivellazioni, inoltre, ritengono che la produzione italiana di gas e di petrolio – a terra e in mare – copra, rispettivamente, l’11,8% e il 10,3% del nostro fabbisogno.
In linea generale, possiamo affermare che la maggior parte dei partiti, da destra a sinistra, sono favorevoli all’abrogazione, mentre il Partito democratico, insieme ad altri partiti del centrosinistra, si asterrà.

8 aprile 2016 – © Riproduzione riservata
Facebooktwittermail