Radici

[di Assunta Giordano]

Il treno procedeva veloce, forse più dei pensieri che si rincorrevano nella sua mente. Davvero aveva creduto che mettere due cambi d’abito in valigia e correre alla stazione sarebbe stata la soluzione? Non lo sapeva davvero ma, seguendo il suo istinto, doveva andare a cercare la verità negatale dalla nascita, a cui sapeva di aver pieno diritto. Intanto il treno proseguiva la sua corsa e lei con esso, verso l’ignota parte di sé, le sue radici. I suoi genitori non sapevano da chi stesse realmente andando, aveva raccontato loro che avrebbe raggiunto un’amica. Dopo tutto l’amore con cui l’avevano allevata negli ultimi vent’anni, non aveva avuto il coraggio di ferirli. Sarebbe stato un ingrato atto di crudeltà. La sua mente intanto cercava di pesare freddamente le scarne ma sicure informazioni che aveva: i suoi “procreatori”, così li chiamava, erano sposati, avevano quasi cinquant’anni, senza figli, vivevano in provincia di Milano, impiegato lui, fisioterapista lei. Si era messa alla loro ricerca da oltre un anno e la sua costanza era stata premiata. Sin da adolescente, oltre ad essere molto caparbia, aveva due modi diametralmente opposti di reagire quando si verificavano degli eventi che la scuotevano nel profondo: con una partecipazione viscerale che le annebbiava la mente oppure con un glaciale distacco. Questa volta però l’ansia, mista al disagio e alla rabbia, non l’abbandonava. Cosa le avrebbero risposto? Potevano esistere delle spiegazioni tali da placare quel senso di smarrimento ed inadeguatezza che l’accompagnavano da che aveva memoria di sé? Le troppe domande accrebbero la stanchezza mentale che la sfibrava da quando aveva saputo, così assecondò il sonno che sentiva avanzare e, complice il confortante e regolare dondolio, si assopì, in un sonno leggero e agitato. Sognò di quando, da bambina, staccava i mitili dagli scogli con suo padre e di come, felici, rientravano con il secchio pieno e sua madre calava gli spaghetti perché, diceva, sarebbe stato un delitto non mangiarli freschi. Sognò sua madre che, per acquistare quel paio di jeans che tanto desiderava, metteva da parte per lei la somma necessaria un po’ alla volta, rinunciando a qualcosa per sé. In sogno sentì la mano calda e già rugosa di suo padre che le carezzava la fronte in ospedale e rivide gli occhi dolci e rassicuranti di sua madre che le parlavano d’amore, rimanendo in silenzio. Sì svegliò di soprassalto e si accorse che mancava poco all’arrivo. Scese dal treno, prese un caffè al primo bar e istintivamente cercò con lo sguardo il tabellone delle partenze. Appallottolò il foglio su cui erano scritte quelle notizie che, fino a pochi minuti prima e sin dalla sua adolescenza, aveva ritenuto risolutive e lo gettò via. Forse avrebbe fatto in tempo a ritornare a casa, dalle “sue” radici, in tempo per la cena.

13 febbraio 2021 – © Riproduzione riservata

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