Quel metro cubo di memoria

[di Ubaldo Baldi]

Caro direttore,
ho letto con desolazione la notizia del prossimo e già temuto abbattimento dei ruderi della fabbrica Baratta. Ci siamo allora? A breve al posto di quei capannoni sorgerà l’ennesimo palazzone anonimo che cancellerà le vestigia di un’archeologia industriale che pare non interessi più a nessuno?

Eppure quei ruderi hanno un peso di “memoria storica” molto più ponderoso dei relativi metri cubi che risulteranno dall’abbattimento. 

Quell’azienda conserviera fu costruita da Paolo Baratta negli anni ’30, posta volutamente alle spalle dello snodo ferroviario che consentiva un rapido – per l’epoca – smaltimento del prodotto finito verso i mercati interni ma anche esteri; il 70% del prodotto lavorato era destinato infatti all’esportazione in America, Africa, Australia e nord Europa. 

Quel capitolo importante nell’evoluzione di Battipaglia, da comune rurale appena nato a momento di penetrazione del capitalismo in agricoltura, contraddistinse la storia industriale ma inevitabilmente sociale, economica e di potere politico che ne derivava. Vicenda che si protrasse fino alla fine degli anni ’60, segnando la vita di intere generazioni di lavoratori non solo battipagliesi ma del territorio circostante.

Ma non è tutto. Quei ruderi conservano anche un altro significato, particolarmente “significante” proprio in concomitanza dell’80° anniversario dello sbarco alleato che rovesciò la storia del Secondo conflitto mondiale, passando a mo’ di collo di bottiglia giusto attraverso quei capannoni della Baratta tra il 10 e il 12 settembre 1943, in una battaglia decisiva per l’avanzata delle truppe angloamericane.

Nella Battipaglia devastata dai bombardamenti, proprio lì si svolse uno scontro feroce tra le avanguardie dei Fucilieri inglesi e le truppe della Hermann Göring che il 12 ritirandosi, fecero saltare il ponte sul Tusciano nel tentativo di ritardare quanto più possibile l’avanzata alleata.

È storia, la nostra storia, quella dei ragazzi cresciuti tra la stazione, la scuola De Amicis, l’oratorio di don Luigi, le medie Fiorentino, il passeggio di via Italia, con le prime canzoni di Mina e Paoli diffuse dagli altoparlanti di Castellano, magari interrotte dalla sirena della Baratta.

Era proprio inevitabile arrivare cinicamente a cancellare questo sito “archeologico” che magari con fondi del PNRR poteva essere ristrutturato e offerto al territorio non solo battipagliese, come luogo culturale, museale, teatrale o quant’altro?

Annoveriamo purtroppo una classe politica di scarso ordine, sempre prona ai voleri dei predatori di territorio, incurante dei danni all’ambiente della cementificazione e consumo del suolo.

Caro direttore ti dico con sincerità che al pensiero di questo scempio mi commuovo, perché quei metri cubi di “memoria” pesano sul mio animo molto più di quel metro cubo di cemento di cui parlavi, è citazione banale e abusata, ma un paese che non ha memoria non ha futuro.

23 settembre 2023 – © riproduzione riservata

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