Quei piacevoli rimandi

[di Crescenzo Marino]

Certi ricordi rimangono per sempre scolpiti nel cuore. Sono quelli che abitano nella memoria di chi non è più bambino: il primo giorno di scuola alle De Amicis, la prima volta in spiaggia alla Spineta, col mare calmo di vento e la sabbia che brucia, il primo appuntamento a via Italia, il primo filone con fuga alla villa comunale di via Belvedere sdraiati nel prato verde odoroso e ricamato di primavera, il primo film al cineteatro Garofalo, la prima partita della Battipagliese al S. Anna, la prima passeggiata alla scoperta della Castelluccia imponente, misteriosa, affascinante. 

Luoghi dove si era stati da ragazzi, la cui eco si riverbera durante tutta la vita aiutando l’adulto a tornare nella propria giovinezza. Immagini che ci prendono per mano e ci riportano puntualmente laggiù, nel passato ovattato di sogno. Il richiamo è irresistibile, è il bisogno di ritrovarsi attraverso il racconto della vita: una collezione di attimi che si vorrebbe infinita. E allora la mente gioca a mescolare i ricordi con l’immaginazione. È così che nascono i rimandi: luoghi che evocano altri luoghi, mari che portano al primo bagnasciuga, colline che rimandano ai primi alberi e prati ai primi fiori, palazzi che ci accompagnano in vicoli senza sole e in case oramai vuote, travestendo il presente da passato. 

Così può capitare di ritrovarsi nel silenzio di un lido disadorno, perché le spiagge d’inverno cadono in letargo, e sentirsi improvvisamente catapultati sulla prima rotonda della propria vita mentre un juke-box suona la tua canzone preferita, ad un matrimonio alla “Grande quercia” a bere lo spumante nelle coppe d’acciaio, o da “Lady R” a comprare i jeans Fiorucci. Immergersi là dove si era stati e ripercorrere le proprie tracce ad occhi chiusi in maniera ipnotica, è più facile quando alle immagini si mescolano odori e sapori. 

Il cibo, dopo tutto, lascia lo stesso prepotente imprinting dei luoghi: nella vita si ricercano gli alimenti amati da piccoli, fragranze, aromi, profumi che nutrono non solo il corpo ma anche l’anima. E così si torna ad aver voglia del gelato del bar Venezia, della pizza alla Pergola, della cioccolata di Caporaso, dei bocconcini alla panna nell’anfora del caseificio Valtusciano, dei coloniali da “Giosì”, dei mignon della pasticceria Aurora, dei meloni rossi sempre freschi e zuccherini nella baracca di legno di Mario Barone vicino alla Concooper. 

Non si tratta solo di cibo, ma di riti iniziatici che ci hanno avviato alla crescita conducendoci comunque qui, dove siamo oggi, a cavallo delle nostre memorie più care, senza le quali saremmo miseri orfani in cerca di futuro.

1 luglio 2023 – © riproduzione riservata

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