Quasi tutto e forse subito

[di Ernesto Giacomino]

Al Palazzo dei miracoli non si fanno i miracoli. Peccato, perché in campagna elettorale ci stavamo abituando a crederci. Battipaglia si risolleva, Battipaglia volta pagina, Battipaglia-stazione-di-Battipaglia-locale in partenza dal binario tre. Tant’è che ci sono rimasto male, il venti giugno, nello scoprire che ancora non c’erano le macchine volanti, i cani-robot e la DeLorean di Marty McFly.
È che a lungo andare le promesse scaldano, sono un po’ come per Babbo Natale quando sei nell’età della verità: no, giusto un altro annetto, non svegliatemi proprio mo’ che ho chiesto la Playstation nuova e la fibra Internet.
S’è partiti con un nugolo di persone che sapevano esattamente come fare e quando farlo, e che se non l’avessero potuto fare loro avrebbero comunque aiutato gli altri a farlo, e niente: puf.
Metti gli oppositori, per dire: che c’è di nuovo, rispetto alle passate edizioni? Nemmeno il tempo della proclamazione ufficiale, già scavavano in giardino a riprendersi l’ascia di guerra: vi faremo vedere noi, se riuscirete a fare qualcosa, bloccheremo pure la scelta dello sgrassatore per le pulizie. E quando il popolo vedrà i vetri sporchi, capirà lo sbaglio che ha fatto. Due o tre ore, insomma, e tutti i paroloni sulla città che viene prima di tutto, e cancellare il malgoverno degli ultimi decenni con proposte nuove e costruttive, e fate l’amore non fate la guerra, se ne sono andati beatamente giù per il solito sciacquone.
Non è che aiuti, in ciò, chissà quale nuovo modo di porsi della maggioranza. Da un paio di battute colte sui social l’impressione è che a voler chiedere conto di uno o due punti “propedeutici” che s’erano sbandierati in campagna elettorale – roba che si sarebbe fatta il giorno stesso o al massimo quello successivo all’insediamento – si arrivi già a risposte del tipo “oh, ma ci dai il tempo di andarci a vedere le carte, mica s’è detto che non si fa più, non essere in malafede”. Andrebbe ribattuto che magari le carte andavano viste prima di promettere, ma poi si sa: dalla malafede, alla malazione, alla diffamazione, il passo è breve, chi ce lo fa fare.
L’importante, per vinti e vincenti, è che almeno stavolta si eviti il solito tabellone “buoni/cattivi” su cui appuntare meriti propri e demeriti altrui: tipo – come da copione – lo sbucare improvviso di problemi non conosciuti e imputabili solo ai magheggi e all’arte occultatrice della passata gestione. Ricordiamoci che in Municipio siedeva un prefetto, e ci andrei cauto con le illazioni. Cellulari e volanti hanno sempre le ruote calde.
Menzione di merito a parte, in ultimo, per la variante d’elettore battipagliese che sta spopolando in questa nuova era politica: il guappo sostenitore. Quello andato in giro per mesi a fare il tifoso senza argomentazioni e con poca grammatica, con lo sguardo torvo e il megafono alla Votantonio. Pensavamo sparisse con l’esaurirsi della campagna elettorale, ci accorgiamo che va ancora in giro a provocare e cercare risse con chi non la pensa come lui. Rappresenta certamente l’espressione più alta e nobile della voglia di cambiamento di questa città: in fondo, perché accontentarsi del solo rischio di camorra, quando puoi prenderti tutto il pacchetto?

1° luglio 2016 – © Riproduzione riservata
Facebooktwittermail