Psicoterapia: tra moda e consapevolezza di sé
[di Daniela Landi – psicologa]
Da qualche anno, intraprendere un percorso di psicoterapia è passato dall’essere un argomento personale e riservato a diventare quasi uno status, soprattutto tra le generazioni più giovani. Se un tempo la psicoterapia era accompagnata da un certo stigma, come se fosse un segnale di sofferenza mentale o di fragilità, oggi sembra essersi trasformata in una tendenza di cui parlare. Personaggi pubblici, influencer e celebrità condividono le loro esperienze terapeutiche e i benefici ottenuti.
Questa maggiore diffusione ha contribuito ad abbattere pregiudizi e stereotipi che consideravano i disturbi mentali come una condizione pericolosa o indice di incapacità sociale. Allo stesso tempo, però, la psicoterapia viene talvolta presentata come uno strumento per diventare più performanti, più conformi alle aspettative della società e più efficienti nelle relazioni e nel lavoro, col rischio che qualcuno potrebbe iniziare un percorso terapeutico per omologarsi a un’immagine sociale (tutti la fanno e fa bene), senza una motivazione realmente profonda o autentica.
Bisogna, quindi, prestare attenzione. La percezione di sentirsi inadeguati o di avere un disturbo riguarda spesso condizioni psicologiche complesse, che includono una visione negativa di sé, un senso di inferiorità, dei traumi subiti, la paura di non essere all’altezza. Anche il ricorso, complici le informazioni sommarie diffuse sui social, a etichette diagnostiche, come l’ADHD, l’alto potenziale, lo spettro autistico o di personalità borderline, riflette spesso il tentativo di dare un nome a un disagio o a una difficoltà relazionale. Tuttavia, quando queste definizioni si trasformano in un elemento identitario o una giustificazione di qualsiasi malessere, si rischia di semplificare la complessità dell’esperienza personale e di ridurre la psicologia a un linguaggio di classificazione diagnostica da cui cercare di guarire, più che di comprensione del fenomeno nel suo complesso.
Nella prospettiva che la psicoterapia venga intesa come un mezzo per guarire e migliorarsi in funzione di un ideale di salute mentale, si rischia un grave fraintendimento. La psicoterapia non ha come obiettivo la performance, la conformità o l’efficienza della persona; riguarda, invece, un percorso di consapevolezza, di accettazione di sé e di scoperta delle proprie modalità uniche di vivere e di sentirsi individui, con i propri limiti, fragilità e possibilità. Serve a comprendere meglio il proprio funzionamento interiore, a riconoscere le proprie risorse e a trovare strategie per convivere in modo più equilibrato con sé stessi, con l’ambiente e con la società.
È, quindi, necessario un momento di riflessione riguardo a una società che ci chiede di essere sempre efficienti, soddisfatti e produttivi, che può facilmente generare frustrazione e un senso di fallimento. Comprendere che tali sensazioni non sono necessariamente il segnale di un disturbo, ma possono rappresentare l’espressione autentica di chi siamo e la naturale reazione a modelli e canoni che non rispecchiano la nostra individualità.
25 ottobre 2025 – © riproduzione riservata





