Non tenetemi nei vostri cuori | di Fausto Bolinesi

Per favore, quando verrà il momento, non tenetemi nei vostri cuori. Ad ogni dipartita, naturale o violenta, prevista o imprevista che sia, mi capita di leggere manifesti e messaggi di amici e anche familiari che si rivolgono al defunto rassicurandolo che resterà per sempre nei loro cuori. Vi ringrazio in anticipo amici, ma quando verrà il mio momento non tenetemi nel vostro cuore. 

Capisco la buona fede e le vostre buone intenzioni, ma il cuore presumo che sia una collocazione scomoda: il cuore non sta mai fermo e, quando va bene, si muove ritmicamente. Ma quando va bene! Perché spesso fa le bizze e batte un colpo fuori tempo che ti fa sussultare, magari proprio nel momento in cui sei più rilassato, quasi cullato da quel pulsare regolare. Per non parlare di quando si mette a battere freneticamente, come un purosangue imbizzarrito che si lancia al galoppo sfrenato. Per fermarlo, spesso e volentieri si fa uso di scosse elettrice e si correrebbe il rischio anche di restare folgorati! 

Lo so che a questo punto state meditando che potreste spostarmi in un organo altrettanto nobile e vicino al cuore. Ma se state pensando al polmone, vi anticipo che anche questa non è una buona idea. Sì, è vero, il polmone si muove molto più lentamente, anzi il suo movimento di espansione e contrazione si potrebbe paragonare a quello di una fisarmonica che diventa però un organo quando l’asma fa capolino e il respiro diventa fischiante come le sue canne. Inoltre, a parte l’essere esposto a una continua corrente d’aria, fredda all’ingresso e calda all’uscita, ve lo immaginate la disgrazia di capitare nel polmone di un fumatore? Se si scampa all’asfissia, si rischia di essere espulsi ad ogni colpo di tosse. 

A dire il vero, c’è un organo altrettanto nobile come i primi due, ma più tranquillo, cioè più statico: il fegato. Ma è una tranquillità apparente: è un continuo lavorio, anche di notte, anche quando si dorme, impegnato com’è nella digestione e nella metabolizzazione di tutto ciò che si ingerisce, farmaci compresi. Quello che più disturba, tuttavia, è il fatto che toccherebbe stare a contatto, oltre che con il sangue che va nell’intestino, con quello che dall’intestino ritorna! Il che non è propriamente piacevole. 

Scartato il fegato, escludete a priori anche gli organi dell’apparato uro-genitale. Intanto perché sono diversi nei due sessi. Poi perché la componente più propriamente urologica ha a che fare con un liquido contenente gli scarti di ciò che passa nel rene e il “naufragar” non sarebbe certo “dolce in questo mare”, a meno che il soggetto non sia fortemente diabetico. 

Quanto alla componente genitale, è da escludere per motivi non solo legati al pudore, ma anche al rischio concreto di essere trasformati, quale scomoda presenza, in un sacco da pugilato nei momenti intimi in cui si va oltre un semplice scambio di effusioni. 

Perciò amici, se proprio volete farmi restare con voi, fatemi restare nel vostro cervello, fra i vostri pensieri, fra i vostri neuroni. Nel chiuso della scatola cranica starò forse un po’ stretto all’inizio, ma col tempo, con l’inesorabile diminuzione di questi ultimi starò sempre più comodo e largo. 

A meno che, per vostra sfortuna, non venga il signor Alzheimer a cacciarmi via prima…

25 marzo 2023 – © riproduzione riservata

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