Nero a metà

[di Ernesto Giacomino]

E ok, archiviamoci quest’altra estate con il mare inguardabile, va’. Tanto ormai è un must, una tradizione, un irrinunciabile appuntamento stagionale. In fondo se Maratea può permettersi la spiaggia nera, e Rosignano le coste bianche, non vedo perché scandalizzarci di fronte al mare bordeaux. Ché alla fine, dopo oltre quarant’anni di battaglie senza né cause ufficiali né soluzioni, si può solo promuoverlo anche noi a fenomeno naturale e convertirlo in attrazione turistica: “non c’è inquinamento / non c’è spiegazione / venghino siori venghino / a tuffarsi nel chiavicone”.

Una campagna pubblicitaria ad hoc, insomma, in cui evidenziare come il fenomeno sia talmente singolare e localizzato da interessare esclusivamente il nostro tratto di costa, dalla Spineta alla località Lago, mentre spingendosi d’una manciata di chilometri più a sud si torna – bleah – alla stucchevole banalità d’un mare azzurro e di noiosissimi bagni in acque pulite. Rientrando poi sul bagnasciuga con addosso i soli residui di sale marino, e non con la caratteristica mistura di composti sconosciuti che tanti ricordi di pruriti ed eritemi lasciano consuetamente nella memoria dei nostri bagnanti.

Marketing strategico, si chiama: enfatizzare alcuni aspetti per tacerne altri. Poco proficuo sarebbe, ad esempio, instillare nei turisti il dubbio che quel colorito particolare dell’acqua possa in qualche modo aver a che fare con sversi e scoli del Tusciano da un lato e dell’Idrovora dall’altro. No, no: dirlo toglierebbe poesia. Tanto più che – ed è surreale finanche pensarlo – non pare esserci alcun atto univoco, o univocamente ufficiale, che attribuisca una parvenza di responsabilità a queste due sontuose fonti d’immondizia. Nonostante, per dire, sia almeno dal 2014 che il fiume cittadino si tinga periodicamente d’acqua sudicia, rossastra, per via d’uno scarico arcinoto da un tubo interrato (sissignori: un comunissimo tubo) con sbocco certo a Olevano ma origine misteriosa (probabilmente d’un’altra dimensione accessibile solo da una data porta spazio-temporale, tipo Cronache di Narnia). E sia, più o meno dallo stesso periodo, acclarato e verbalizzato che il sistema di depurazione del canale sull’altro versante soffra di lacune progettuali e pesanti anomalie di funzionamento.

Per cui, alla fine, i turisti che accorreranno in massa si dovranno accontentare: non lo abbiamo sempre, il mare color fango. Il nostro coloratissimo non-inquinamento soffre, suo malgrado, di periodi di stanca: assurdo ma può capitare di trovarlo pulito, il mare. Fino a che il fiume non viene sporcato, per dire. O fin quando, al mattino, non s’apre lo sbarramento dell’Idrovora col suo carico malefico di reflui dai terreni circostanti. Che non sono solo erba e ortaggi, eh; né appartengono tutti a campi incontaminati e coltivati con gli antichi rimedi di Nonno Nanni.

Però poi niente, ogni volta arriva settembre e ok, chiudi col cellofan e metti in cantina, se ne riparlerà l’anno prossimo. Come per i canotti vecchi, le ciambelle bucate, i prendisole fuori moda: nove mesi d’attesa, a distrarsi su altro, sperando poi di non ritrovarli più. Per avere la scusa – o meglio, la speranza – di poter finalmente ricominciare daccapo.

9 settembre 2023 – © riproduzione riservata

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