Mare mostrum

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Dalla foce del Tusciano a 1487 metri a sud, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino, fai un salto e fanne un altro, dai un bacio a chi vuoi tu. Insomma, per sapere da che punto in poi puoi fare il bagno nel mare battipagliese, anche quest’anno occorre girare per litorali con compasso, squadrette e rollina da geometra, e dietro tutta una scia di sherpa a portarti vettovaglie e ombrellone non appena individuata la zona sana. Anche perché poi, è chiaro, passato quel millequattrocentottantasettesimo metro compare un divieto d’accesso che tutti i germi e batteri – ligi alle norme – non possono oltrepassare. Che ce n’è, lì intorno, di stelle marine dalla multa facile: a una malattia che oltrepassò il limite, due anni fa, gli notificarono una cartella esattoriale d’un migliaio di stafilococchi. Cioè, dico: ma i vecchi, cari cartelli no, eh? Quelli scritti in rosso, magari a mano e a pennarello, saldamente mazzettati nella sabbia, che a prova di fesso dicono proprio: “Divieto di balneazione, ordinanza numero tot e tot”? Com’è che non si usano più, quelli là? O meglio: com’è che – salvo un coraggioso tentativo d’una trentina d’anni – non si sono mai usati? In realtà questa storia del mare inquinato suona un po’ come quella storiella di San Pietro che trova un prosciutto e pensa di prenderselo, ma il Padreterno gli ordina di cercare il proprietario e restituirlo. E allora il santo va girando per il mercato chiedendo: “qualcuno ha perso un prosciutto?”. Solo che, di proposito, lo fa sottovoce e non lo sente nessuno. Cioè: diciamo che no, mare brutto, bruttissimo, cacca, mesi prima ci tiriamo dentro a sostegno l’Arpac, gli ambientalisti, gli alchimisti, gli scienziati, dibattiti, proclami, tira e molla; poi, quand’è ora di avvisare seriamente e massicciamente i cittadini, mettiamo giusto dieci manifestini notturni su qualche muro a caso della città. Puntualmente ricoperti, l’indomani, dalle pubblicità del Cepu e le svendite del mobilificio Scopecchia (che comunque l’ultima volta aveva in saldo dei divanetti niente male). Come dire: io il mio l’ho fatto, ho reso pubblica la cosa, ho ottemperato alla legge. Poi, se sia sufficiente o meno a salvaguardare la salute dei bagnanti, ah beh, professo’ questo non l’avete spiegato. Oppure ero assente. Che poi, magari, ti dicono pure che al popolo è richiesta la diligenza del buon padre di famiglia: informarsi, consultare avvisi e giornali. Perfettamente d’accordo: ma il popolo locale ha a disposizione fonti informative locali. Considerando che una corposa porzione di turisti estivi, sulle nostre coste, arriva da comuni distanti decine di chilometri, che si fa? S’organizza un perpetuo posto di blocco in litoranea, li si ferma tutti con la paletta, si dice loro: oh, prima di tuffarvi passate un attimo per l’albo comunale e per l’emeroteca dei quotidiani degli ultimi sei mesi? È che ci si scherza, ok; ma badate bene: infrangere un divieto – a meno di non voler equiparare un’ordinanza comunale al regolamento di un circolo di caccia e pesca – sarebbe comunque reato. E hai visto mai, allora, che non ti si presenta pure qualcuno a multarti. Come si dice: oltre al malanno, la beffa.

19 giugno 2015 – © Riproduzione riservata
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