Lui l’amava 

[di Laura Russo]

I De Falco vivevano in un bell’attico al quartiere Parioli. Lui, promoter finanziario molto apprezzato, era una persona dai modi affabili, bella presenza e con una dialettica ammaliatrice senza eguali, un uomo rispettato negli ambienti della Roma bene. Francesca, la moglie, aveva rinunciato al lavoro nello studio legale del fratello, giù a Messina, per seguirlo nella capitale. Erano una bella coppia, lei sempre sorridente e lui cortese e affascinante.

A volte tra le mura domestiche vi era tra i due un po’ di malumore, ma nulla di grave, era solo il risultato della tensione accumulata dalle tante responsabilità che doveva gestire il manager. Francesca premurosamente capiva e preveniva eventuali situazioni di tensione, evitando così di far innervosire Carlo; era una brava compagna, grata per tutto quello che lui faceva per lei, per la vita agiata, i viaggi, i gioielli e tutte le piccole attenzioni con cui, dopo ogni sfuriata, lui la ricopriva di per cancellare ogni ombra tra loro. Non sempre riusciva ad anticipare le tensioni, quando capitava lei comprendeva sempre. Con amore sopportava lo schiaffo ricevuto, piegando in silenzio il capo. 

Francesca comprendeva, asciugava le sue lacrime in silenzio anche quando agli schiaffi si sostituirono i pugni e poi i calci, lei comprendeva, capiva e perdonava il suo Carlo sempre più stanco dai tanti impegni di lavoro. Per lei non era violenza, era solo un brutto periodo che sarebbe passato con il tempo, così come con il tempo sarebbero guarite le sue ferite.

Erano cresciuti insieme, conosceva il suo carattere ballerino e sapeva gestirlo, lei era l’unica in grado di farlo, e poi… si amavano. Carlo lo diceva sempre, dopo ogni attacco d’ira, quando si calmava: “Come farei senza di te, sei l’unica a capirmi!”. Lei allora lo accoglieva tra le braccia come fa una mamma che perdona il proprio bimbo dopo una marachella.

La loro unione era così vera e intima che Carlo mostrava le sue fragilità senza nessun velo, non importa se questo a volte sfociava in altro, era il rovescio della medaglia di quel forte legame. Questa la spiegazione che Francesca dava a sé stessa e questo placava il suo animo e il suo dolore, e 

come un mantra se lo ripeteva continuamente. Nessuno poteva capire, per questo non ne parlava, nascondendo tutto alla madre e alle amiche preoccupate per quei lividi sempre più frequenti.

Restò in silenzio anche quella volta che Carlo la spinse giù per le scale. Ma la colpa era sua, non aveva visto il gradino dietro di sé, la sua solita distrazione. Questo dichiarò in ospedale per giustificare le contusioni e le ferite sanguinanti che gli infermieri dovettero ricucire.

Carlo… Povero Carlo, era mortificato.

Colpa di quel maledetto lavoro e delle pressioni ricevute non riusciva più a controllarsi… Povero Carlo, fortuna che c’era lei a capirlo. Carlo l’amava e di questo ne era certa, prima o poi sarebbe tornato ad essere quello di un tempo, lo dicevano sempre al ritorno dall’ospedale, il loro amore avrebbe trionfato perché era diverso e lei lo vedeva nei suoi occhi innamorati. Sì, quell’amore era speciale, tanto speciale e lo vide anche quando i suoi occhi si chiusero dolcemente, guardando quelli di Carlo mentre le forze l’abbandonavano, vinta da quell’ira che scorreva nelle mani di lui strette al suo collo.

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