Lo psicologo e l’archetipo del guaritore ferito

[di Daniela Landi – psicologa]

Quando attraversiamo periodi difficili, in cui ci sentiamo sopraffatti da disagi che possono riguardare la gestione di problemi relazionali, fasi di cambiamento, elaborazione di traumi e perdite, stati di ansia e disturbi psicosomatici, desideriamo soltanto risolvere queste situazioni che compromettono la qualità della nostra vita. In questi momenti ci chiediamo: come si può guarire? 

Ma cos’è la guarigione? In alcuni libri e nelle parole di maestri spirituali si ripete spesso che l’amore ha un potere curativo: quando riusciamo ad amare e a sentirci amati cominciamo a guarire. Qualcun altro afferma che il processo di guarigione inizia quando scegliamo di dedicarci agli altri, oppure quando impariamo ad assumerci la responsabilità delle nostre scelte. Qual è la risposta giusta?

Nella ricerca della “guarigione” si può valutare di ricorrere alla psicoterapia, per trovare uno spazio di ascolto e sostegno in cui esplorare le emozioni, affrontare le proprie vulnerabilità e sofferenze. In questo contesto, la guarigione non coincide con l’eliminazione dei sintomi, ma si realizza attraverso un processo di cambiamento: rielaborare vissuti difficili, comprendere e integrare le proprie fragilità, acquisire consapevolezza, trasformarsi e trovare nuovi equilibri personali. Nei casi di disturbi più gravi, la psicoterapia può affiancare i trattamenti farmacologici, sotto la supervisione del medico specialista, per ottenere risultati migliori.

Considerando lo psicoterapeuta come figura di riferimento nel percorso di cura, lo psicologo analista Carl Gustav Jung ha ripreso il mito di Chirone, il guaritore ferito, per definire il suo archetipo. Nella mitologia greca, Chirone è un centauro sapiente e benevolo che viene ferito accidentalmente da una freccia avvelenata e, nonostante la sua conoscenza medica, non può guarire sé stesso. Questa esperienza di sofferenza gli consente di comprendere con empatia e compassione il dolore degli altri, aiutandoli non solo con le sue conoscenze tecniche, ma anche con la sua umanità. Alla fine, nel mito, Chirone rinuncia alla sua immortalità per salvare Prometeo e viene trasformato in costellazione. Simbolicamente, accettando il limite e la vulnerabilità come parte dell’esperienza umana, Chirone rappresenta la saggezza che nasce dall’integrazione della ferita. 

Nell’ambito della psicoterapia, come nel mito di Chirone, il terapeuta che ha riconosciuto la propria sofferenza e si è occupato delle proprie ferite interiori, può trasformarle in una risorsa per la relazione di cura. In questo modo, può entrare in sintonia con il dolore dell’altro e offrire una presenza empatica e non giudicante. Citando Lev Tolstoj “Se senti dolore, sei vivo, ma se senti il dolore degli altri, sei umano”. 

La relazione terapeutica diventa un luogo di incontro autentico e di fiducia, in cui il paziente può sentirsi accolto e compreso. In questo spazio, la sofferenza condivisa può diventare occasione di trasformazione e di rinascita, per entrambi.

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