L’infanzia nellenostre relazioni

[di Daniela Landi – psicologa]

A partire dalla seconda metà del secolo scorso, si è progressivamente sviluppata una particolare attenzione all’infanzia, un periodo della vita in cui la relazione della madre e del padre con il bambino può essere un elemento importante per lo sviluppo dell’individuo adulto. Sin dalla fase uterina, quando vengono registrate le prime sensazioni attraverso la madre, si ritiene che si possano già attivare dei modelli psicologici innati. Lo sviluppo del sistema nervoso del neonato è particolarmente accelerato nel primo anno di vita, per cui una famiglia attenta ai suoi bisogni e che fornisca adeguati stimoli, può incidere sensibilmente sull’evoluzione del bambino. 

Con lo svezzamento, il compimento dei primi passi, la scoperta del linguaggio, aumenta progressivamente nel bambino la consapevolezza di essere un individuo separato, che si mette in relazione in modo autonomo con il mondo. Nel processo di crescita, il mondo interiore del bambino si caratterizza per alcuni fattori, tra cui il bisogno, l’amore e l’odio. Quando si è neonati, i bisogni sono totali, in quanto la sopravvivenza dipende da chi accudisce e le prime impressioni che si ricevono riguardo alla soddisfazione di questi bisogni possono avere riflessi su una vita intera. 

Fino a quando la madre, o il caregiver, gratifica i bisogni istintivi del bambino, lui prova beatitudine e amore. Naturalmente, può accadere che le aspettative del bambino, dal suo punto di vista percepite come essenziali, possano essere insoddisfatte e deluse, in quanto il caregiver può avere altre esigenze e non riuscire a cogliere sempre e assolutamente le richieste del bambino; in tal caso il bambino può provare paura e rabbia. 

La psicoanalista Melanie Klein parla, in questa fase dello sviluppo, di una possibile scissione nel bambino tra l’amore idealizzato, per il caregiver buono che è presente quando ne ha bisogno, e un’aggressività distruttiva, verso il caregiver cattivo, che non risponde quando il bambino reclama attenzioni. Attraverso il superamento di questo processo di scissione, il bambino comprende che la figura che lo accudisce può essere contemporaneamente buona e cattiva. Si tratta di un tema ricorrente anche nelle fiabe, che spesso danno delle risposte all’immaginario inconscio del bambino, ad esempio: la fata e la strega, la matrigna cattiva e la madre buona. 

Se non si riesce a risolvere questa scissione, una volta diventati adolescenti e poi adulti, si possono sviluppare dei disturbi di ansia e dinamiche relazionali disfunzionali. Per sviluppare un senso di sé più armonioso, appare necessario trovare un luogo in se stessi in cui ricontattare le emozioni di quei vissuti, comprenderli e integrarli in una dimensione più ampia, accettando e rispettando il fatto che un’altra persona possa essere sia accogliente che distanziante, e che in ogni relazione possano coesistere aspetti positivi e negativi.

20 maggio 2023 – © riproduzione riservata

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