Libernazione
[di Ernesto Giacomino]
Un po’ di sconcerto lo desta, il fatto che il 25 aprile battipagliese sia stato una festività socialmente anonima, con l’unico scossone del dover cercare una pasticceria senza calca o un ristorantino a prezzo contenuto. Nessuna manifestazione, evento, comunicato, poster, locandina, invito a un the o almeno a una partitella di beach volley. Si vede che al Comune, boh, “tenevano che fa’”: in fondo, in fatto di guerre, la medaglia al merito civile l’abbiamo avuta solo d’argento, e con le quotazioni attuali è poco più di una miseria. Al massimo la squagli, insomma, e ti ci compri un punto luce di zirconi alle bancarelle della festa patronale.
È che, a detta di alcuni, la “distrazione” istituzionale fa pericolosamente il paio con recenti sospetti di strizzate d’occhio del Palazzo alla destra consiliare (non ultima, la polemica sull’intitolazione si/no di una piazza ad Almirante) e da lì a vederci “nero” – ammettiamolo – il passo non parrebbe lunghissimo. Il che sarebbe un serio e severo campanello d’allarme circa la coerenza dell’attuale amministrazione con le promesse microfonate in campagna elettorale: quel concetto della trasversalità senza ricatti, insomma, dell’officina di idee aperta a tutte le tinte e confronti e – proprio per questo – assolutamente incolore.
Non ci facciamo una bella figura, andiamo. Nemmeno quando ogni volta sbuca quello che, puntualmente, non appena si parla di partigiani e resistenza, se ne esce con la solita opposizione a prescindere: “E allora le foibe?”. Che è un po’, consentitemelo, come se si accusasse chi celebra la pasqua ebraica di gioire per le centinaia di egiziani travolti dal Mar Rosso. Forse è per questo che, ravanando in Internet, l’unica traccia di un evento tenutosi a Battipaglia questo 25 aprile è una messa in suffragio di due battipagliesi della Repubblica Sociale caduti in battaglia (di cui uno risultante deceduto nell’ottobre del ’45, quando la guerra era bell’e che finita: errore di stampa o combattimenti in autonomia?). Notizia pubblicata, peraltro, da un sito col nome che non ammicca nemmeno lontanamente a qualsivoglia polemica o provocazione: “fascinazione”.
Siamo al lutto monomandatario, insomma, col dovere di esclusiva: o l’uno o l’altro, non c’è di che accomunare. Come se da una guerra non si uscisse tutti sconfitti, sempre, con le stesse ferite seppure in posti diversi: l’unica vittoria, quando c’è, è solo nel saper ricominciare.
A prescindere dalle celebrazioni, quindi, quello che fa specie è vedere come in settant’anni di Repubblica il pensiero politico del battipagliese medio sia rimasto comunque impantanato nel dispettuccio sterile dei neri contro i rossi, del “quando c’era lui” e “ha da veni’ Baffone”, in un confronto in cui il cervello fa solo da banca dati di aggettivi con cui insultarsi. Perché molti ancora – chi per pochezza mentale, chi per astuto interesse propagandistico – paiono quelli che non hanno saputo fare i conti col passato e contestualizzarlo nell’ambito storico (unico ed eccezionale) in cui, per un motivo o l’altro, ha fatto danni.
Da cui l’ideona, va’: il prossimo anno ce l’abbiamo, l’evento. Armiamoci di cori e striscioni, e spostiamo la ricorrenza allo stadio.