La giovinezza, tuttavia

[di Ornella Cauteruccio]

Nonostante le pesanti tende scure, chiuse forse troppo in fretta, una sottile lama di luce era riuscita a penetrare la penombra accogliente e ancora carica di elettricità dell’anonima stanza d’albergo, terminando il suo breve viaggio sulle labbra dischiuse dell’uomo apparentemente addormentato. 
La donna lo stava osservando dormire già da un tempo indefinito, senza riuscire a collocarlo in un punto preciso della sequenza temporale che li aveva portati a quel preciso momento: era successo tutto talmente all’improvviso da renderle estremamente difficile e doloroso riprendere a tessere i fili del tempo esattamente dal punto in cui si erano interrotti. 
Seguì con le dita il contorno di quelle labbra, mentre capiva, dalla luce sempre più fievole, che si avvicinava l’ora della separazione. Lui la guardò dolcemente, senza muoversi: «Mi domando perché non abbia funzionato, tra di noi».
La donna si alzò senza fare il minimo rumore e incominciò a rivestirsi molto lentamente, come se tutto intorno fosse un sogno di cristallo, pronto a frantumarsi al minimo sospiro, e con altrettanta lentezza rispose: «All’epoca eravamo giovani, giovani e stupidi, e affamati di vita e di errori. La giovinezza si nutre di sbagli e di dimenticanze, e ci fa credere che tutto ciò che accade, o che lasciamo accadere, sia necessario al nostro percorso di crescita. Lungo la strada lasciamo brandelli di anima, piccoli e grandi pezzi di noi stessi, dei nostri sogni, e occhi, mani e sorrisi di persone che porteremo dentro di noi per sempre. La giovinezza è magnifica, ma anche crudele: a volte ritorna per ricordarci chi siamo e pretendere un pedaggio per lasciarci andare. È stato bello e incredibile ritrovarsi. E sarà altrettanto bello ricordarsi, mentre continueremo a vivere la vita a cui apparteniamo».
L’uomo avrebbe voluto dire qualcosa, prenderle la mano e riportarla a letto, accanto a sé. Avrebbe voluto stringerla e non farla andare più via, ma c’era, nelle sue parole e nella fermezza con cui le aveva pronunciate, una risolutezza che non lasciava scampo. Allora non parlò. Si sentiva stanco, le emozioni delle ultime ore lo avevano sovrastato. Chiuse gli occhi e si lasciò avvolgere dal rassicurante tepore dell’oscurità, interrotto per un breve attimo solo dallo scatto metallico della porta che si chiudeva. «Ti ho sempre amata in tutti questi anni, e continuerò ad amarti», sussurrò al silenzio, mentre scivolava nel sonno.
Il treno che la riportava alla sua vita correva molto più velocemente che un tempo, la donna se ne rendeva perfettamente conto, ma le sensazioni che avvertiva erano identiche. Il viaggio per lei era sempre stato una sorta di limbo, una terra di nessuno che segnava il confine tra una vita e l’altra. Era l’unico luogo possibile dove svestire i panni indossati nella vita appena lasciata e, prima di catapultarsi in quella che l’aspettava, abbandonarsi incondizionatamente al proprio io: nessuna regola da rispettare né ruoli da interpretare, niente obiettivi da raggiungere né tantomeno aspettative, proprie o altrui, da soddisfare. Solo il paesaggio che scorreva veloce e il riflesso del suo viso sul finestrino. La quiete, prima e dopo le tempeste dell’esistenza.
Averlo ritrovato dopo tanti anni le aveva scatenato un terremoto emotivo: quella terra di nessuno le avrebbe dato la forza di assorbire le ultime scosse di assestamento e ritrovare, alla fine del viaggio, la sua casa, e la sua vita, ancora intatte.

27 febbraio 2021 – © Riproduzione riservata

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