La banda degli inquieti
[di Lucio Spampinato]
Non mi ero mai spiegato come facessero sedicenti imprenditori che millantavano doti affaristiche stupefacenti a passare i pomeriggi al bar dello sport, quando ancora il folle ingranaggio dell’economia cittadina era in piena corsa. C’era Abate, un promotore finanziario, Marziale, un venditore di software, Barone, un uomo che aveva fatto mille mestieri ma dei quali, precisamente, non se ne conosceva nessuno. Il vecchio Pino, dedito alla bottiglia e con perenne barba di tre o quattro giorni, girovago ma residente in città, quando passava davanti al bar li squadrava con una chiaroveggenza quasi omerica in fondo allo sguardo glauco e poi diceva: «Consiglio di volpi, strage di galline!» e se ne andava ridendo con la bocca sdentata, fra sbuffate di fumo, come un vecchio drago. In città li chiamavano la Banda e non era gente che considera il lavoro come fatica quotidiana finalizzata a ottenere un reddito. Nossignore! Quelli pensavano che in questo modo ci volesse troppo tempo per fare i soldi. Perciò, laddove normalmente il lavoro si fonda sul capitale di braccia, di intelligenza o di disponibilità personali, costoro trovavano più pratico cooptare soci danarosi e ingenui nelle loro imprese, rischiando o sperperando i capitali degli altri. Un’altra loro caratteristica era quella di differenziare le proprie attività che erano, come dire, dei salvadanai dei quali a loro interessava ovviamente solo il momento dell’apertura. Costituivano cooperative edilizie dove gli aspiranti proprietari delle future case anticipavano i soldi e loro amministravano, a uso e consumo proprio. Aprivano agenzie assicurative millantando accordi con imprese assicurative primarie, mettendo a libro paga i piccoli assicuratori di paese del vasto entroterra che in conclusione, da liberi che erano, si ritrovavano a lavorare per loro, nell’illusione di poter sfuggire alla ristretta ecumene della provincia. Così, Abate, che era il front man della banda, l’uomo in giacca e cravatta, organizzava qualche congressuccio qua e là invitando mezze tacche in rappresentanza delle grandi compagnie nazionali e il gioco era fatto. Dietro l’insegna di una srl newco, si organizzava il trasferimento dei portafogli dei paesani che, se alla fine avessero voluto riaverli indietro, si ritrovavano impegolati in complesse cause societarie che non si sentivano di affrontare.
Come si sa, il successo di molta gente non risiede nella loro effettiva forza ma nella desistenza dei concorrenti, incapaci di gareggiare forzando le regole. Insomma, le diverse attività della Banda erano come i lacci e le tagliole lasciate nei boschi dai cacciatori di frodo. E questi, che bracconieri erano, passavano regolarmente a controllare chi vi fosse finito dentro. Come rappresentanti legali avevano piazzato dei malcapitati e i membri della Banda non avrebbero rischiato assolutamente nulla. O almeno questo era il progetto! Un giorno si presentò un’occasione che fu subito portata all’attenzione del loro Consiglio ombra. Si chiusero nella sala biliardo del bar dello sport e ci ragionarono fino a tarda notte. La tenuta di Montefrondoso, rinomata location per eventi di lusso, era rimasta in mano al giovane erede minorenne Gian Galeazzo Ferrante Caracciolo, duca di Spinoso, conte di Airola e Principe di Girifalco, dopo la morte accidentale dei genitori. Il suo tutore, Gianni Faina, era un vecchio conoscente di Abate, incontrato in ambienti mondani anni prima quando entrambi provavano la scalata sociale, tentando la carta della seduzione di qualche milionaria stagionata, nubile, divorziata o vedova. L’idea era quella di condizionare il nobile rampollo, rimasto tutto solo sul ramo cadetto del suo albero genealogico, a cedere per poco o niente la tenuta di Montefrondoso. La cifra esigua a cui si poteva ottenere la location era di cinquecentomila euro. Le facce dei consiglieri si arrossarono di colpo perché il prezzo, anche se basso per il valore effettivo della proprietà, era già piuttosto alto rispetto alle somme che di solito erano abituati a trattare nel loro giro. Comunque, alla fine votarono a favore dell’affare all’unanimità. I soldi sarebbero stati presi dalla loro holding, la Spazio srl, in cui convergevano le entrate delle varie attività, al cui governo era stato posto un trust, sempre ovviamente riconducibile alla Banda. Per il rogito, convennero di scegliere un notaio fuori zona, per evitare che la notizia facesse il giro del paese troppo presto. E Gianni Faina, guarda caso, ne conosceva uno in Montemiletto, notaio di nobili, la discrezione fatta persona.
Il giorno convenuto, si ritrovarono allo studio notarile che occupava ampi locali della rocca medievale ristrutturata. Conobbero finalmente Gian Galeazzo Ferrante il quale sembrava, al di là della ineccepibile eleganza, un poco tonto. Le volpi si guardarono, sorridendosi con lo sguardo. In breve l’atto fu concluso e le somme furono trasferite al giovane nobile. La serata finì con un’abbuffata a spese del Faina a base di fusilli e cavatelli in sugo di mantoppola servita come secondo con contorni di cavolfiore dello Zingaro e ciambotta, il tutto innaffiato da aglianico di Taurasi. Quando dopo qualche giorno la Banda si recò alla location di Montefrondoso a prendere visione e possesso della tenuta, poco ci mancò che fossero sbattuti fuori a calci nei fondelli dagli effettivi proprietari. La Faina aveva fregato le volpi! Recatisi dal notaio a Montemiletto, laddove sorgeva l’elegante studio trovarono una galleria d’antiquariato la cui proprietaria fece presente di essere da poco rientrata dalle isole Figi. Il nome del notaio non lo aveva mai sentito in vita sua.
Rinchiusi e avviliti al bar dello sport, una sera sentirono arrivare e fermarsi lì davanti le sirene della Guardia di finanza. Li portarono via per bancarotta documentale e per un bel po’ nessuno fu più convinto a seppellire i propri zecchini d’oro nel campo dei miracoli di una città di Acchiappa-citrulli qualunque. cedeva il passo a foreste di cerri e castagneti del Cilento profondo in cui i pensieri di Adelmo, finalmente liberi, si dispersero.
14 giugno 2025 – © riproduzione riservata



