In certe domeniche di autunno | di Armando Guarino

In certe domeniche di autunno, ti rigiri nel letto cercando un motivo per non alzarti.
In certe domeniche di autunno, quando piove, il ticchettio della pioggia sulle finestre ha quell’effetto ipnotico che ti incolla con il muso sul vetro e ti porta a creare aloni con l’alito che dopo trancerai con il dito per fare stupidi disegni.
In certe domeniche di autunno, vorresti non fare nulla e tutto, tutto quello che normalmente non riesci a fare e che ti dovrebbe rilassare, ma che invece riesce ad avere l’effetto contrario.
Insofferente, esco. Incontro soltanto l’umidità della notte che, anche lei apatica, non ha alcuna voglia di lasciare spazio al sole e figure trasparenti, che vagano con passo spedito, ognuna con una meta, ognuna a proprio agio in questo clima surreale. Lontano circa un centinaio di metri, noto un carretto fermo a un angolo. Non ho nessuno che mi attende, né un motivo per tirare oltre. Mi avvicino incuriosito e noto un vecchio chino sul vano dell’ape, intento a sistemarlo. Ha due piantine, solo due, e le sta spostando da un lato all’altro, come se quello spostamento fosse necessario, anzi vitale.
Non mi nota subito. Con lo sguardo è ancora attratto dalle piante. Mi affaccio sul vano aperto.
«Buongiorno!» mi urla. Temo di averlo spaventato.
«Buongiorno a lei» rispondo. «Ha già venduto tutto?» chiedo incuriosito.
«In realtà non ho venduto nulla.» mi dice, sorridendo.
Lo guardo per qualche istante, aspettando che mi chiarisca la sua risposta. Inutilmente. Sto per lasciarlo quando lo vedo con la coda dell’occhio voltato di nuovo, ancora intento a spostare i due vasi, seppure stavolta di pochi centimetri.
«Sia cortese. Posso chiederle per quale motivo muove continuamente da un lato all’altro queste due piantine?»
«Mi sembra ovvio» mi risponde sempre sorridendo «Cerco di dare loro la possibilità di prendere quel po’ di sole che ci riserva il cielo.»
In quel momento mi rendo conto che effettivamente le muoveva seguendo quei piccoli squarci tra le nuvole che illuminavano a tratti l’ape.
«Quanto vengono?» chiedo.
«Cosa?»
«Le piante. Cosa se no?»
«Mica le vendo!»
«Scusi, non capisco. Perché allora è qui?»
«Deve sapere che vivo in un terraneo a due isolati da qui. Da me il sole non batte mai. Queste due piante sono l’ultima cosa che ho comprato a mia moglie. È mancata due settimane fa, sa? E da quando se n’è andata, ogni volta che non piove, anche in giorni come questi, vado con loro a cercare un po’ di sole. Ne hanno tanto bisogno. Mia moglie pure avrebbe avuto bisogno di sole, della vitamina D. Purtroppo non le bastavano questi pochi raggi e non ho avuto la possibilità di portarla da nessun’altra parte. Cerco di salvare almeno loro. Così avrebbe voluto la mia Anna.»
In certe domeniche d’autunno, quando vedo anche soltanto un raggio di sole far capolino tra le nuvole, scendo e vado a trovare il mio amico con l’ape. E lo aiuto a spostare le tre piante che ora possiede. Tra un caffè caldo versato da un termos e le foto della sua Anna.

Armando Guarino

21 novembre 2020 – © Riproduzione riservata

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