Il visto per i cittadini extra UE


L’Italia è tra le mete più sognate dai turisti di tutto il mondo. I turisti che provengono da tanti paesi non appartenenti all’Unione Europea devono richiedere un visto per turismo per entrare in Italia e rimanerci per alcuni giorni, settimane o mesi.
Mentre fino a qualche anno fa bisognava richiedere un permesso di soggiorno per passare anche solo due giorni in Italia, attualmente il visto che viene rilasciato può essere utilizzato per soggiornare in Italia fino a un massimo di 90 giorni.
La domanda va presentata presso gli uffici diplomatico-consolari che sono responsabili dell’accertamento del possesso e della valutazione dei requisiti necessari per l’ottenimento del visto d’ingresso. Il rilascio del visto d’ingresso per turismo è altamente discrezionale e, qualora non sussistano i requisiti previsti dalla legge (adeguati mezzi finanziari, di sostentamento, disponibilità alloggio, ecc.), l’autorità diplomatica o consolare comunica il diniego contenente l’indicazione delle modalità di eventuale impugnazione.
I cittadini di paesi extra UE, al momento del loro ingresso in Italia, devono presentarsi ai valichi di frontiera per farsi apporre sul passaporto il timbro uniforme Schengen e, durante il loro soggiorno, non possono svolgere nessuna attività lavorativa poiché la legge ne impone il divieto, né è prevista la possibilità di convertire il soggiorno da motivi di turismo a motivi di lavoro. Sono previste sanzioni penali a carico del datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze un lavoratore extracomunitario sprovvisto di regolare permesso di soggiorno.
Cosa ben diversa per i cittadini comunitari che, oltre a nessun obbligo di registrazione
durante i primi tre mesi dall’arrivo sul territorio italiano, nel settore lavorativo godono immediatamente del principio di parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani, che si applica a tutte le condizioni di lavoro e di impiego.
Che può fare, quindi, il turista extracomunitario che ottiene un’offerta di lavoro interessante? La strada è in salita: può solo tornare nel Paese d’origine e sperare che il
Governo italiano, con il decreto flussi, riapra gli ingressi per lavoro. A quel punto
l’aspirante datore di lavoro potrà presentare da qui una domanda di assunzione e, se riesce ad aggiudicarsi una quota, far entrare in Italia e assumere il lavoratore.
L’attuale Decreto Flussi 2018, prevede pochissime speranze: le uniche quote disponibili per lavoro subordinato sono quelle stagionali (agricoltura-turismo) o non stagionali riservate però a lavoratori di origine italiana e di cittadinanza argentina, brasiliana, uruguaiana o venezuelana. Insomma, un rubinetto sempre più chiuso che dispensa con il contagocce qualche posto di lavoro, tanti sogni e poche speranze.

13 luglio 2018 – © riproduzione riservata
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