Il nostro cammino di Santiago


A piedi, in dieci, da Sarria a Santiago de Compostela: il racconto di un’esperienza piena di emozioni, incontri e scoperte, fuori e dentro di sé
Credo che il trovarmi qui a raccontare di quest’esperienza abbia un senso speciale, eppure sento la difficoltà di non essere capace di trasmettere a pieno, come d’altronde non sono riuscito a fare fino a oggi, che magnifica espressione di vita sia la strada, ed in questo caso specifico, il Cammino di Santiago. Specifico che questa volta non mi trovo a scrivere da osservatore di fatti ed eventi ma da educatore di una comunità di dieci ragazzi: Il Clan Castelluccio del gruppo scout Agesci Battipaglia 1. Una comunità di ragazzi, dai 17 ai 21 anni, che questa esperienza l’ha sognata, progettata e realizzata, autofinanziandola coi lavoretti più disparati e vivendola nella maggiore essenzialità possibile, nello spirito dei pellegrini che vanno incontro ad una chiamata, dei viandanti che portano i loro piedi sulle strade del mondo alla ricerca di incontri e relazioni, e anche dei viaggiatori obbligati del nostro tempo, i migranti, per avvicinarsi alla loro condizione di partenti verso terre sconosciute, con poche cose e tante speranze. La nostra #RoadToSantiago è tutto questo: partita a ottobre scorso come obiettivo di tutti, e percorsa durante tutto l’anno attraverso incontri con noi stessi, con le persone che abbiamo intorno e con le comunità straniere cittadine che ci hanno ospitato, raccontato e con cui abbiamo scambiato pensieri ed emozioni. Il tutto fino alla Corsa a Colori, una sorta di cammino cittadino che ci ha visti unire simbolicamente, per un giorno, tutte le culture cittadine in un’unica maglia bianca, colorata alla fine di tutte le ricchezza del mondo. Questa premessa era dovuta, perché senza di essa, il resto del racconto avrebbe meno senso del dovuto.

2 agosto, da Sarria a Portomarin
Eccoci qui, siamo arrivati a Sarria, tappa di partenza del nostro Cammino, dopo un viaggio lungo ed estenuante. Le sette ore di pullman notturno che ci hanno condotto qui da Santander sono state piuttosto faticose, ma ormai siamo al punto di inizio e le emozioni trasformano la fatica in gioia, aspettativa ed ansia per i chilometri che ci aspettano. Ecco, il cammino è sempre più vicino, ma cosa vuol dire cammino per noi? Per noi cammino è unione: ognuno di noi spera di raccontare agli altri attimi della propria vita, scorci nascosti mai condivisi, che si riflettono nella mente durante la notte quando si è soli a pensare alle storie vissute e raccontate, ai sogni e obiettivi che si vogliono raggiungere per far sì che da domani, per ognuno di noi, la strada della vita risulti più facile. Oggi abbiamo avuto l’opportunità, ancor prima di partire, di sperimentare sulla nostra pelle il senso dell’incontro che si vive su queste strade. Nel nostro ostello, una decina di ragazzi di tutte le nazionalità si è appena incontrata ed ha preparato una cena di arrivederci. Molti sono i chilometri che hanno condiviso da San Jean, l’inizio del percorso francese, fino a qui, ma da domani, ognuno arriverà con tempi diversi alla meta e questa, per loro, è l’ultima sera da vivere insieme. Eppure, nonostante potessero vivere questo momento in intimità, non hanno esitato ad invitarci ed accoglierci con gioia, al ritmo di brindisi to the camino e di auguri di buona strada. Questo è il punto di partenza, e non poteva essere migliore di così. Il mattino è arrivato decisamente troppo presto. Le temperature sono piacevoli, a volte troppo fresche, ma aiutano a muoversi con più convinzione. Questa prima tappa ci condurrà a Portomarin, in 23 Km, attraversando la Galizia verso Ovest. Scopriamo subito che durante il cammino non importa di che nazionalità tu sia o quale lingua tu parli, perché tutti i pellegrini sono accomunati dalla frase universale hola, buen camino, rappresentazione di un sentimento di fratellanza per chi condivide una meta, ognuno con motivi diversi. Passiamo per magnifici sentieri battuti, per boschi e colline che si alternano tra i campi di grano e ci sembra si essere qui da sempre. A pochi chilometri dall’arrivo, incontriamo un ceppo di pietra simile a tutti gli altri che accompagnano ogni passo, ma questo era molto più significativo: è quello dei 100 chilometri da Santiago. Qualcuno ha lasciato una scritta, altri un paio di scarpe, una cavigliera, un ricordo. Ognuno lascia qualcosa di sé, per alleggerirsi, per dire “fin qui ce l’ho fatta”, e stiamo per farcela anche noi. Il lago di Portomarin si apre davanti ai nostri occhi, la prima tappa è andata.

3 agosto, da Portomarin a Palais de Rei
Oggi sarà il giorno più duro del percorso che abbiamo scelto: andiamo verso Palais De Rei, in 26 chilometri. La sveglia è suonata ancor prima di ieri, ma camminare col buio e col fresco ci aiuta ad affaticarci di meno. Ieri i primi timbri sulle nostre carte del pellegrino. Ad ogni tappa ce ne viene rilasciato uno, come segno del contatto, quasi a raccontare di ogni incontro avvenuto e che avverrà fino a Santiago. Il sentiero di oggi è più faticoso, ma iniziamo a prendere il ritmo e a goderci di più la strada e le persone rispetto a ieri. Incontriamo Ugo ed il padre. Ugo è un bambino catalano di 8 anni, biondo e con una parlantina invidiabile. Ha il passo degli adulti, di chi vive l’avventura col suo papà, e dopo un bel tratto di strada percorso insieme, ci chiede di farci una foto con lui. Scopriamo oggi che c’è una strada per tutti e che ogni strada ha un senso diverso. È il motivo per cui siamo chiamati a camminare, è il motivo per cui siamo chiamati a vivere. I piedi sono gonfi e doloranti, i chilometri sono tanti e abbiamo notevolmente rallentato. Ad un tratto il solito ceppo con su scritto you can do it (puoi farcela): una semplice frase scritta da uno sconosciuto su una pietra, che magari si è trovato nella tua stessa situazione tempo prima, può darti la forza di andare avanti e superare i tuoi limiti. Palais de Rei è davanti a noi, con un’altra meta per cui ripartire.

4 – 5 agosto, da Palais de Rei ad Arzua
La tappa di oggi è la più lunga di tutte, 31 chilometri verso Arzua, ma abbiamo deciso di viverla in maniera diversa, in hike, dandoci appuntamento al giorno successivo nella tappa prestabilita. La bellezza di vivere questo percorso come comunità è straordinaria, ma un cammino come questo, fatto di centinaia di persone da incontrare, va vissuto anche nella solitudine di chi parte da solo, senz’alcun riferimento. L’hike è un’esperienza di accoglienza e di spiritualità, vissuto da soli o in coppie, affidando i propri passi alla strada, al Dio in cui crediamo o semplicemente a noi stessi. Avevamo scelto, prima di partire, di ritagliarci un paio di giorni senza la comunità, per vivere ancora meglio gli incontri e le persone che avremmo incontrato e che ci avrebbero trasmesso l’incapacità di restare soli a questo mondo, quando si decide di muovere i piedi e il cuore. Ognuno ha trascorso due giorni fantastici, attraversando boschi di eucalipti e villaggi rurali con case di pietra che ospitano gli abitanti del borgo ed i loro animali. Ad ogni angolo, qualcuno ti offre more e lamponi, altri allestiscono tavolini agli angoli delle strade, con acqua e torte, chiedendo in cambio una donazione spontanea: è lo spirito di chi accoglie ed incoraggia, di chi accompagna i tuoi passi senza sapere perché cammini. Incontriamo tante persone, ognuna con storie e vissuti diversi, ma io vi parlo di Mario, che è partito con la moglie e la figlia da Rieti, iniziando il cammino da San Jean, e che mi racconta entusiasta che oggi, al 640esimo Km, festeggia i suoi primi 70 anni. Mi sento piccolissimo, ma quel volto sorridente e disteso non può che donarmi la speranza. Prima di partire pensavo a quanto il mondo stia prendendo direzioni diverse da quelle guidate dall’amore e dalla fratellanza, a quanto stiamo diventando incapaci di restare umani, eppure questa strada non fa che raccontarmi altro. Ma ora è il momento di ricongiungerci, stanchissimi del ritmo frenetico dei due giorni appena affrontati. Rimetterci in cerchio è un momento emozionante, dedicato al racconto di ognuno di noi sul tratto di strada affrontato, sul tratto di vita vissuto, permettendo anche ai pesi che ognuno di noi si porta dietro di alleggerirsi insieme. Attimi di vero amore e fratellanza, di unione che dona al gruppo più forza per continuare questo cammino sempre più duro. Da oggi la strada sarà migliore.

[Continua sul numero 283]

8 settembre 2017 – © Riproduzione riservata
Facebooktwittermail