Il miracolo bianconero

[di Nino Iesu]

Dobbiamo andare indietro alla stagione 1975-76 per raccontare l’ultimo trofeo vinto dalla Battipagliese. All’epoca si chiamava “coppa Montuori” ed era riservata alle squadre partecipanti al campionato di prima categoria. Il 2 giugno 1976 le zebrette, guidate in panchina da Mariolino Rossi e in campo da Ennio Tramontano, vinsero per una rete a zero contro la Petacciatese grazie ad un gol di De Gregorio sul neutro di Torre Annunziata. Quarantasette anni dopo, meglio tardi che mai, la storia si ripete. La data è il 13 maggio 2023, il teatro è lo stadio De Cicco di Sant’Anastasia, l’avversario è la Rinascita Alvignanese, il risultato è lo stesso, il match winner si chiama Marco Santese, giovane e forte esterno, battipagliese doc. 

Il trofeo alzato nel cielo napoletano è il coronamento di una stagione travagliata per le zebrette. Qualcuno lo chiama “miracolo sportivo” e in effetti qualcosa di miracoloso c’è stato. Per chi ha giocato a calcio sa quanto è difficile, se non impossibile, allenarsi su un campo in terra battuta (lo stadio Sant’Anna) o su un campo di calciotto (al centro sportivo Sport House in località Boscariello o l’Arco Verde a Serroni Alto), come avvenuto nell’ultimo periodo dopo la chiusura per restyling dello storico impianto battipagliese, e giocare ogni domenica su un terreno di gioco diverso, mai il tuo, con una rosa risicata, ridotta all’osso da mille vicissitudini. Qui il miracolo prende forme nelle mani, o meglio dire nei piedi, dei giocatori battipagliesi, come Santese, appunto, ma anche capitan Magliano, Ciotti, Bencivenga, e altri battipagliesi ormai “acquisiti”, come Paciello, Mazza, Discepolo. Fautore di questo “miracolo sportivo” si chiama Massimo Mastrangelo che con il destino e la Battipagliese aveva un conto in sospeso quando, nei panni di direttore sportivo e sotto la gestione dell’avvocato Ugo Caponigri, sfiorò per un soffio l’approdo in serie D. 

Alle spalle di Mastrangelo una società seria, appassionata, vogliosa di fare bene, composta da professionisti e imprenditori battipagliesi che se quest’anno avesse scalato l’Everest avrebbe fatto meno fatica. “Vincere non è mai facile, in nessuna categoria” diceva un vecchio saggio, e così è stato in campionato, ma non in Coppa Campania dove le zebrette hanno cominciato a credere nel sogno quando, in semifinale, hanno battuto il fortissimo Marigliano. Un passaggio decisivo, questo, per arrivare, sotto la pioggia di Sant’Anastasia, a prendere la coppa a due mani e alzarla al cielo. La Battipagliese, lì in terra napoletana, non era sola, non è mai stata sola. Al suo fianco, in tribuna, un gruppo di quasi quattrocento appassionati e calorosi tifosi che sono esplosi al momento del triplice fischio. 

A questo punto, dopo una stagione intera in esilio, diventa palese che la “questione impiantistica sportiva” diventa fondamentale per il futuro della squadra bianconera. Patron Corrado, il presidente Boffa e il team manager D’Auria nei loro commenti a fine gara hanno riacceso il dibattito: “Con un impianto adeguato potremo continuare in crescendo il nostro percorso e riportare la Battipagliese nelle categorie che le competono. Ma senza rimarremo dove stiamo”. Questo il monito a chiare lettere inviato verso palazzo di città. Sbrogliare i problemi burocratici legati all’inagibilità dello stadio Pastena, attendere la conclusione dei lavori del Sant’Anna: due enormi fardelli che devono essere risolti per poter dare, finalmente, un futuro roseo alla Battipagliese. Se lo merita questa gente. Oppure no?

20 maggio 2023 – © riproduzione riservata

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