Il concetto di pertinenza

[di Chiara Dentato – Notaio]

A mente dell’articolo 817 del Codice civile: “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”.
Il concetto di pertinenza, secondo la definizione codicistica, seleziona e impone che il rapporto tra i beni (principale e accessorio) sia “durevole” e non occasionale, che la destinazione della pertinenza a miglior godimento del bene principale sia stabile e rappresenti oggettivamente utilità per il titolare del rapporto. 
Sotto il profilo soggettivo la norma al vaglio, richiede che sia il proprietario del bene principale o titolare di altro diritto reale sullo stesso (usufruttuario, superficiario, habitator), a poter imprimere il vincolo di pertinenzialità tra i beni, vincolo a seguito del quale – se non è diversamente disposto – i cespiti vengono considerati quasi alla stregua di un unicum. L’art. 818 del Codice civile fa salva la possibilità che la pertinenza possa formare oggetto di atto separato, rimettendo ancora una volta alla volontà del titolare del rapporto, la scelta sul regime circolatorio dei beni appartenenti alla propria sfera patrimoniale.
Dal punto di vista fiscale, il legame tra bene principale e bene accessorio (pertinenza), si fa più stringente: è infatti disposto che il regime agevolativo applicabile al bene principale in sede di tassazione dei trasferimenti immobiliari si estenda anche alle loro pertinenze, purché le stesse siano stabilmente e funzionalmente destinate a meglio qualificare il bene di cui rappresentano. 
Sono pertinenze, per censimento, i beni classificati in categoria catastale c/2 (locali deposito), c/6 (locali autorimessa) e c/7 (locali tettoia), per i quali – espressamente – la norma fiscale consente siano tassati con le medesime aliquote proprie del bene principale (agevolate o meno), in sede di atti traslativi della proprietà o di altro diritto reale, siano essi a titolo gratuito (donazione) oppure oneroso (compravendita). 
Il concetto di pertinenza rileva anche rispetto ad altri tributi, quali ad esempio l’imposta municipale sugli immobili, atteso che – qualora si tratti di cespiti detenuti quali pertinenze di prima casa – essi sono esenti dal pagamento del quantum dovuto all’ente competente, valorizzandosi ancora una volta il ruolo di forza attrattiva del bene principale rispetto all’accessorio pertinenza. 
Alle pertinenze, sempre con riguardo alla tassazione degli atti traslativi della proprietà e/o di altro diritto reale, si applica altresì la cosiddetta “valutazione automatica” che consente di assumere quale base imponibile non il valore del prezzo dichiarato in atto (valore venale), bensì il valore catastale moltiplicato per i coefficienti stabiliti dalla legge, di fatto impedendo che l’amministrazione finanziaria possa accertare il maggior valore e procedere al recupero della maggiore imposta. La regola, introdotta dall’art. 52, n. 4 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, impone tuttavia che l’atto abbia ad oggetto un immobile censito nelle categorie catastali sopra indicate (c/2, c/6 e c/7) e che detto cespite sia di fatto pertinenza di unità abitativa, che rappresenta – appunto – il bene principale.

Chi desidera porre un quesito al notaio Chiara Dentato
può scrivere a posta@nerosubianco.eu

Facebooktwittermail