I segreti di Pulcinella

[di Lucio Spampinato]

Vito e Morgan rimasero a bocca aperta quando, scesi da casa per raggiungere la solita postazione di gioco in piazza Madonnina, sbucando alla svolta videro l’angolo sinistro a ridosso di via Mazzini occupato dal teatro dei burattini. Si guardarono radiosi e gridarono l’uno in faccia all’altro ridendo: “È arrivato Pulcinella!”. Il sole mandava giù lame di luce come frecce luminose fra il fogliame dei platani e delle acacie, l’aria era invasa da profumi di caramello, croccanti e popcorn, il vento agitava leggermente foglie e bandiere: erano i messaggeri dell’estate alle porte! Per Vito e Morgan, una promessa di felicità! Quest’anno erano decisi a scoprire tutti i trucchi con i quali venivano messi in scena gli spettacoli. Così, il giorno successivo, nel dopo pranzo verso le due e mezza, fecero una cosa a cui nel loro sodalizio amicale avevano convenuto di ricorrere solo in caso di estrema necessità: salire sul vecchio platano frondoso, fra le cui foglie era possibile sparire completamente, e da lì guardare all’interno del teatro dei burattini e le manovre misteriose che davano vita a tutte le storie amate da sempre: le avventure di Pulcinella, don Felice Sciosciammocca e Papiluccio “Naso di cane”. 

I dubbi che sempre avevano avuto i due compagni riguardavano il fatto se i dialoghi fossero registrati o rifatti all’impronta e quanti fossero in realtà i burattinai che animavano tutti quei personaggi. Aspettarono pazientemente fino alle sei, confabulando e leggendo qualche giornalino; Vito aveva come un’ombra negli occhi e Morgan sapeva che a casa sua le cose non andavano molto bene, ma non gli disse niente. Alle sei in punto cominciò l’annuncio di Pulcinella e il fantasma nel fagotto; la folla di piccoli divenne rumorosa fra le seggiole e attaccò la musica che annunciava l’inizio dello spettacolo; si vide ancora qualche mamma scappare verso il varco d’uscita fatto di sedie, con la testa abbassata. Quando il loro beniamino entrò in scena, i due compagni finalmente videro l’arcano movimento dei manovratori. Il capostipite della famiglia, dalla splendida e candida capigliatura, reggeva nella destra Pulcinella e nella sinistra il microfono con cui dava voce a tutti i personaggi, falsificando ogni volta il tono; era capace di riprodurre persino le voci femminili, come quella di Zeza. L’aiutante muoveva altri due personaggi, uno per mano. Lo spettacolo, come sempre, fu un grande successo fra i grandi e i piccini. I ragazzi felici incrociarono entusiasti i loro sguardi e batterono il cinque dei loro palmi. 

Fu l’istante in cui Vito dimenticò ogni dolore, il momento esatto in cui l’estuario di un fiume di malinconia, che era stato il suo cuore, si trasformò in un vasto e inarrestabile delta, traboccante di gioia.

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