I legittimari

[di Chiara Dentato, notaio]

Appartiene alla tematica delle successioni legittime e testamentarie, la categoria dei cosiddetti legittimari, ovvero soggetti cui la legge riserva una quota del patrimonio del defunto, nota come quota di legittima.
Va subito precisato che la categoria dei legittimari, soggetta a specifica normativa, non è qualificabile in senso stretto quale terzium genus rispetto alle categorie dei successibili ex lege, né è categoria antitetica ad essi; rappresenta, piuttosto, una categoria di successibili “necessari”, coincidenti – in assenza di testamento – con gli stessi eredi legittimi fino all’ordine e al grado stabiliti dalla legge.
L’esistenza degli eredi legittimari rappresenta un limite alla libertà del testatore di disporre delle proprie sostanze per il tempo in cui avrà cessato di vivere e trova la sua ratio nel rilievo che il legislatore ha accordato alla famiglia.
Sono legittimari il coniuge e i figli del defunto e, in assenza di prole, sono legittimari gli ascendenti, mentre non lo sono gli altri parenti
Come accennato nel precedente articolo (Nero su Bianco n. 332), il principio che modula l’intera disciplina dedicata alla successione testamentaria, è il favor per la volontà del de cuius: le regole in materia di legittimari derogano a detto principio, rappresentando, appunto, un limite alla libertà di disporre, avendo il legislatore selezionato una regola prevalente in nome del particolare rapporto che lega il defunto ad alcuni tra i suoi più stretti congiunti.
La quota di legittima e la tutela rafforzata accordata al legittimario rappresentano, pertanto, nel nostro ordinamento, un principio di salvaguardia di interessi selezionati a monte dal legislatore quali meritevoli di speciale garanzia.
A fronte dell’esistenza di una “quota di riserva”, l’ordinamento tramanda il concetto di quota disponibile, ovvero di una quota del patrimonio del defunto lasciata nella sua piena ed esclusiva disponibilità e suscettibile di essere data a chiunque il testatore desideri. Si tratta di un bilanciamento di interessi contrapposti: da una parte la necessità che una fetta del patrimonio del defunto giunga a determinati soggetti predeterminati (quota di legittima), dall’altra la tutela comunque accordata, rispetto ad un dato quantum, alle volontà testamentarie (quota disponibile).
Del resto, la quota di legittima è definita “mobile” poiché è destinata a variare nel quantum a seconda del numero dei legittimari e delle sostanze relitte, potendo la stessa determinarsi concretamente solo al momento dell’apertura della successione. 
Così come, solo al momento dell’apertura della successione è possibile il calcolo della quota disponibile data da:
relictum (ciò che il defunto lascia) + donatum (ciò che eventualmente il defunto abbia donato in vita) – debiti (ovvero quelli che sono concretamente le posizioni di debito imputabili al defunto). Il riferimento alle donazioni effettuate in vita dal defunto, testimonia come le stesse altro non siano se non un anticipo di successione e, in quanto impoverimento del patrimonio del defunto, soggiacciono alle stesse regole proprie dei testamenti.
Il momento della morte è dunque dirimente rispetto a tutte le valutazioni anche di carattere legale che eventualmente possano interessare la vicenda successoria. La regola di legge è talmente stringente che al legittimario, cui non sia stata riconosciuta la quota di legittima riservata, è accordata l’azione di riduzione, ovvero l’azione diretta a reintegrare il legittimario leso o pretermesso nei diritti di legittima allo stesso spettanti. L’azione si prescrive in dieci anni, ed è rinunciabile solo dopo la morte del testatore e/o donante, in costanza del divieto dei cosiddetti patti successori.

20 dicembre 2019 – © Riproduzione riservata

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