I cowboy di Persano | di Fausto Bolinesi

Non ricordo esattamente che mese o quale stagione dell’anno fosse. Ricordo però che era una notte di novilunio e a Persano, in assenza di una vera e propria illuminazione stradale, le notti senza luna erano veramente buie, illuminate solo dalla tenue luce delle stelle che il buio stesso rendeva perfettamente visibili. Eravamo nel locale del Dopolavoro a seguire un programma televisivo da un apparecchio, ovviamente in bianco e nero, posizionato su un alto piedistallo di ferro battuto costruito proprio a Persano. Era l’epoca in cui intorno ai pochi televisori si riunivano più famiglie ed era ancora lontano, nel tempo e nell’immaginazione, il periodo in cui, prima gli stessi televisori e poi gli smartphone avrebbero diviso, non le famiglie, ma i componenti di una stessa famiglia. I programmi li vedevamo in bianco e nero, ma la vita la vivevamo con i colori vivaci della giovinezza. Il cinema ci divertiva di più, non solo perché era a colori, ma perché spesso venivano proiettati film western che a noi ragazzi ovviamente piacevano. 

Tra gli spettatori quella sera c’era anche mio nonno materno, non l’eroico cowboy dei film, ma il semplice buttero al quale ogni sera andavo incontro quando tornava dal lavoro perché mi divertivo a sfilargli i gambali di cuoio rigido per giocarci. Quella sera mio nonno fu richiamato d’urgenza al lavoro perché giunse la notizia che i cavalli, forse spaventati, non si sa come erano scappati dai recinti e ora galoppavano imbizzarriti nella tenuta. Uscimmo tutti dal locale che affacciava sulla piazza del centro abitato e sostammo in attesa, come se sapessimo che la mandria imbizzarrita sarebbe passata da lì. Il che, dopo un po’, effettivamente avvenne. Preceduta da un rumore sordo, profondo, inquietante, nel buio si intravide avvicinarsi una nuvola di polvere sollevata da centinaia di zoccoli che battevano sul fondo sterrato. Se fossero passati cento carri armati avrebbero certamente fatto più rumore e avrebbero fatto anche tremare il suolo e i caseggiati circostanti, ma non avrebbero suscitato la stessa intimorita impressione di potenza che provocava quella massa di cuori battenti, di narici dilatate, di polmoni ansimanti. La mandria impiegò pochi secondi per attraversare a galoppo la piazza e scomparire nel buio lungo la discesa della Ionta.

Pensavo a come mio nonno e gli altri colleghi butteri avrebbero potuto fermare, oltretutto nel buio, quei cavalli imbizzarriti. Ci sarebbero voluti i nostri eroi che vedevamo nei film: i cowboy, belli che facevano innamorare le ragazze con i loro fisici asciutti, con i loro cappelli a tese larghe, i loro cinturoni con le pistole, i loro lazo. I butteri di Persano, invece, avevano moglie e figli, semmai portavano la coppola, la cintura la usavano per reggere i pantaloni e al massimo avevano l’ancina, un bastone ripiegato ad uncino ad una estremità. Eppure… eppure prima che facesse giorno tutti i cavalli furono riportati ai loro posti. A sera, come le altre volte, attesi il ritorno di mio nonno dopo una normale giornata di lavoro per sfilargli i gambali e giocarci. Ma questa volta lo feci con una eccitata, ingenua fierezza: avevo scoperto che gli eroi, quelli veri, non vivevano nei film western, ma li avevo in casa e non lo sapevo…

7 ottobre 2023 – © riproduzione riservata

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