Fuga per la vittoria

[di Ernesto Giacomino]

Dice che di botto, così, a Battipaglia siamo 49.805 residenti, ossia centonovantacinque in meno rispetto alla soglia dei cinquantamila abitanti. Roba che ci penalizzerebbe non poco in vari settori; su tutti, quello delle agevolazioni e dei finanziamenti pubblici (cioè, per la serie: che ve li do a fare, i soldi, per mettere a posto una città in cui non volete stare?).
Sulle cause di questo spopolamento si stanno da giorni scervellando i massimi esperti in materia: in primis gli ufologi, che attribuiscono la scomparsa di questi scarsi duecento tizi a un rapimento alieno avvenuto durante il lockdown del 2020, accuratamente scelti tra quelli che postavano sui social invettive contro chi scendeva in strada a correre o ad accompagnare il cane incontinente. Ché con cotanta misantropia in corpo, voglio dire, il pianeta di residenza è irrilevante: all’asociale cambia poco, non coglie le differenze, puoi farlo stare a Las Vegas come su un asteroide gassoso.
Altra teoria, frutto di un laborioso studio d’uno staff di scienziati del Massachusetts Institute of Technology – che per questa ricerca hanno riempito tipo dodicimila pagine di formule e modelli matematici – quella della “dicotomia esistenziale terrena”, ovvero un differenziale trigonometrico taumaturgico, opacizzato ma al quadrato fratto, per cui un fatto del genere è possibile solo se, niente, la gente che nasce è meno di quella che muore. Ma qua ne riparliamo dopo il Nobel, non vorremmo condizionare la giuria (che poi ci sarebbe da chiedersi a che sia servita, quella famosa statua “dei non-nati” messa a piazza Madonnina, se in vent’anni non ha incentivato a riprodursi manco le cimici nei giardini).
Ma andiamo avanti. In realtà la tesi più accreditata circa l’emigrazione dei battipagliesi afferirebbe alla qualità della vita attualmente offerta dalla città. Del tipo: no-no, io i miei figli in cotanto degrado e squallore e assenza delle istituzioni non ce li faccio crescere. Cioè, insomma: una Battipaglia attuale sciatta e amorfa, con tasso di vivibilità sottozero. Nulla a che vedere con quella di venti, trenta, se non quaranta anni fa, no? Acqua sorgiva che sbucava dalle rocce, stagni naturali pieni di felci, rane, elfi e fatine. Smog inesistente, auto che esalavano borotalco, strade manutenute talmente alla perfezione che dopo ogni passata d’asfalto ci mettevano pure un velo di pasta di Fissan.
Boh, non lo so, ma pensare che la gente scappi di qua per trovare condizioni di vita migliori di vita significa ipotizzare che quando decise di venirci, a Battipaglia, quelle condizioni fossero eccelse. Cosa che non mi pare, in verità. Se penso agli anni ’80, ad esempio, quando si diceva che tra residenti e domiciliati rasentassimo le settantamila anime, e beh, ricordiamocelo: ai tempi il racket faceva esplodere i negozi. E la camorra sparava per strada, i ragazzetti morivano d’eroina sulle panchine. Non immagino, allora, che condizioni di vita ancora peggiori potessero offrire i comuni limitrofi.
Insomma, sarò all’antica, ma a me non pare che la gente scappi solo da Battipaglia. La gente scappa dalla provincia in genere, dai territori a opportunità ridotte. Non fosse roba scontata oserei dire che scappa dal Sud: ma significherebbe ammettere che, in quasi due secoli, non è cambiato proprio niente.

18 giugno 2022 – © riproduzione riservata

Facebooktwittermail