Fisco per fiaschi

[di Ernesto Giacomino]

La cronaca locale qua da noi è bellissima, il fragore delle notizie fa l’effetto delle boccette dei profumi contraffatti: effluvi più o meno verosimili appena le stappi, all’indomani solo un vago sentore, dal terzo giorno acquetta per vetri. E a quel punto, a metterci il naso dentro, ognuno ci sente quello che vuole.

Insomma: Guardia di Finanza al Comune? Sbam! Vai con qualunque ipotesi: dallo scandalo del secolo, se non del millennio, se non dell’intera era geologica, a un “no, macché, era un equivoco: un brigadiere doveva farsi uno stato di famiglia ed è entrato in divisa nell’ufficio sbagliato”.

Per cui, versione più drammatica: uh mamma, s’è trattato d’un blitz. Tipo da immaginarsi, allora, camionette ed elicotteri e agenti in tenuta antisommossa con mitraglietta e passamontagna, impiegati e funzionari che resistevano dietro le scrivanie reclinate lanciando mozziconi di matite e bottigliette d’acqua a mo’ di molotov, e un mediatore fuori col megafono a urlare “avete la mia parola, venite fuori a mani alzate e non vi succederà niente”.

Poi, col passare delle ore e lo scemare dell’entusiasmo, vai con la tesi ridimensionata: eh ok, magari gli agenti non erano così tanti, ma attenzione, sono andati là all’alba, prima ancora degli impiegati, quand’è così c’è sempre qualcosa sotto. Semprissimo, fidatevi.

E allora rieccoci con la fantasia: e certo, li hanno aspettati tutti là, sindaca in testa, che quelli nemmeno hanno varcato la porta che li hanno messi faccia a muro e perquisiti, e solite tiritere che hai il diritto di rimanere in silenzio e tutto ciò che dirai potrà essere usato contro di te in tribunale. E se non hai un avvocato te ne sarà assegnato uno d’ufficio. E se non hai un ufficio, boh, fittatelo.

Dopodiché, come da copione, e fu sera e fu mattina e altro passettino indietro: eh sì, ok, gli agenti non erano un esercito, non erano una squadra, non erano un drappello. Per dirla proprio tutta manco avrebbero riempito una Panda 30: erano tre o quattro, tutto qua. In orario d’apertura uffici, senza sfondare porte né brandire manette. Semplicemente: sono saliti, hanno bussato, hanno chiesto documenti. Gli sono stati dati (e avrei voluto vedere). Pare se ne siano scesi con un computer in mano: ma va’ a capire, qua, se per indagarci dentro o se – mossi a compassione – per darci una mano a farlo funzionare. È risaputo che non tutti gli Olivetti M24 hanno l’hardware adatto per gli aggiornamenti di Windows 95.

Totale, alla fine: niente, il controllo non sarebbe esattamente su di noi, ma su aziende con cui abbiamo a che fare. Una, nello specifico: la ditta appaltatrice della gestione della pubblica illuminazione. Parrebbe, come si dice, un atto dovuto: i famosi accessi incrociati, modello madre che interroga separatamente i due figli per vedere se riportano la stessa versione sul come s’è frantumato quel vaso prezioso. Poi va be’: al solito, oggi, l’opinione pubblica si divide tra chi si dichiara soddisfatto delle spiegazioni e chi ci vede ancora una vaga alea d’incompiuto e non chiarito. Restando su tutto, vivido e pregnante, un unico interrogativo: ma visto che già scarseggiamo a mezzi, poi quel computer ce lo ridaranno, sì?

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