Droga e adolescenti

L’uso di sostanze d’abuso in adolescenza non è quasi mai legato ad una dipendenza, ma nell’età giovanile sono presenti degli stili di utilizzo di tali sostanze di tipo occasionale o saltuario. L’uso di sostanze d’abuso di tipo dipendente si presenta maggiormente nella fascia d’età giovane-adulta, ossia tra i 20 e i 30 anni. Nel corso della prima adolescenza l’uso più frequente è di tipo esperienziale, ossia il contatto con la sostanza riguarda la possibilità di praticare nuove esperienze in tutti gli ambiti della vita tramite l’evasione e le trasgressioni. L’utilizzo della cannabis, insieme all’alcol e alla nicotina, sono talmente diffuse tra i giovani – anche se spesso in forme non gravi – così da diventare degli elementi della costruzione dell’identità giovanile.
L’estrema diffusione di queste sostanze fa diventare le droghe psicoattive uno dei tanti elementi su cui ogni adolescente si confronta. Nella generazione degli anni ’70 un ragazzo che voleva fare uso di cannabis doveva cercarla attivamente con una forte motivazione per reperire un gruppo adatto con cui condividere l’esperienza e naturalmente uno spacciatore. Invece ai ragazzi di oggi questo tipo di sperimentazione avviene in modo facilitato perché sempre nella loro cerchia amicale, scolastica e sociale, possono accedere a queste sostanze senza dover fare scelte molto motivate e drastiche.
È più difficile per gli adolescenti dover decidere di non provare l’esperienza, piuttosto che accettarla, perché provare la cannabis è un rituale assai diffuso. I soggetti impulsivi, poco riflessivi, con scarsi supporti famigliari possono avere molte occasioni e possibilità di scadere nella devianza, con l’utilizzo delle sostanze psicoattive come esperienza fondamentale nella propria vita. Se si osserva il fenomeno in un’ottica clinica, la discriminante principale tra un utilizzo sporadico, blando, occasionale, che si potrebbe definire come non significativo, e un utilizzo problematico, frequente che può mettere in difficoltà un soggetto, si concretizza quando la sostanza d’abuso è utilizzata, anche inconsciamente, come uno psicofarmaco, per lenire il “mal de vivre” e meglio sopportare le avversità della vita. Questo elemento di cura di sé prevede una certa frequenza e assiduità nell’assunzione. Si intende per cura di sé un palliativo alla difficoltà di tollerare l’ansia, l’angoscia e i pensieri turbolenti del processo di crescita, nell’ambito di un senso di fragilità e vulnerabilità della propria immagine interna che genera il dolore mentale della percezione di sé come personaggio incerto, instabile, insicuro, fragile e in continua transizione.

31 luglio 2015 – © Riproduzione riservata
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