Con quella feccia un po’ così

[di Ernesto Giacomino]

Ok, è ufficiale, anche per quest’anno è partita la collezione-autunno inverno dell’imbecille da strada. Perché a una città dedita all’approssimazione un po’ in tutto – politica, economia, società civile – non può mancare un certo primato d’inconcludenza anche nell’illiceità: la delinquenza fine a sé stessa, senza scopo di lucro, di avanzamenti di carriera malavitosa, che trova stitica e puerile goduria nel semplice fatto di disturbare il prossimo e far rumore.

E allora, immancabili come le zecche ai cani, ecco che ciclicamente Battipaglia viene invasa dai vandali delle auto in sosta. Gente che di notte – troppo stupida e gretta per avere a casa qualcuno con cui impiegare quelle ore in maniera più piacevole – va sfogandosi per marciapiedi e parcheggi, sfascia finestrini, incendia tappezzerie, ruba per puro sfregio specchietti, tergicristalli, arbre magique e pupazzetti di peluche. Democraticamente, senza preferenze: dall’utilitaria scassata alla fuoriserie fiammante, passando per apecar e furgoni da lavoro. Scempi fini a se stessi, che non contengono né intimidazioni né ideali sovversivi: perché per avere una motivazione, sia pure non condivisibile, ci vorrebbe un cervello; mentre questi qui, nella scatola cranica, hanno solo un rigonfiamento molliccio che ricorda le impepate di cozze.

Notti memorabili, ah sì. Dimostrazioni di eroismo e forza sovrana, nel costringere un operaio al minimo salariale a sborsare centinaia d’euro per rimettere il parabrezza all’auto ancora non pagata. Così, mentre in città c’è ancora chi fa manifesti e volantini per fomentare il pregiudizio verso gli immigrati, sorvoliamo su un manipolo di idiotissimi teppisti nostrani – spesso identificati, denunciati e comunque ancora razzolanti a piede libero grazie ai portafogli dei papà tolleranti – la cui sottocultura da pollaio non consente di impiegare le proprie serate in maniera diversa dal devastare le cose degli altri.

Non è assolutamente un fenomeno usuale, questo qua, ma peculiare della nostra città. Nel circondario – fatte le debite proporzioni con comuni più grandi per estensione e numero di abitanti – fenomeni analoghi paiono assai limitati, se non inesistenti.

Altrove le macchine, al massimo, si rubano. Se s’incendiano, è ancora altro: racket, minacce, estorsione. Per carità: finalità tutt’altro che nobili; eppure, con una loro – aberrante – normalità. Il vandalismo godereccio che da anni si denuncia a Battipaglia, invece, quello no. Quello è partorito da una diseducazione alla convivenza che sembriamo trascinarci nel dna, una cultura malata di allontanamento dal valore delle cose capace sempre di scollarle, in termini di apprezzamento, dal sudore e dalla fatica necessari a ottenerle. Un’attitudine allo spreco che peggiora di generazione in generazione: un tempo gli alimenti, ieri gli abiti, oggi i cellulari; domani, chissà, le persone.

Da piccoli, noi, pensando di divertirci, ci si armava al massimo con gli scherzi dalla cabina telefonica. O bussando ai citofono e scappando. Eppure già così, una volta al sicuro in casa, si finiva sempre per sentirci in colpa: perché avevamo disturbato o ingannato qualcuno, gli avevamo fatto perdere tempo, avevamo recato fastidio; fosse pure per un semplice, innocuo – e stupido – gioco. Una sensazione angustiante, che ti faceva desistere dal ripeterlo, almeno a breve. Perché, prima ancora dell’onestà o della paura di una punizione, fortunatamente c’erano ancora in corpo scampoli ereditari di un sentimento prezioso: il rispetto.

5 dicembre 2013 – © riproduzione riservata

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