Col sonno di poi

[di Ernesto Giacomino]

Confesso d’essere stato, ai tempi, un sostenitore accanito del semaforo a via Mazzini, tra via Italia e piazza Amendola. Io e qualcun altro: non pochi ma nemmeno così tanti; diciamo, una porzione indefinita ma ostinata contro la solita fazione del “ma quando mai, altri soldi buttati, là non serve, scommetti che il traffico andrà in tilt, finiremo sui giornali”.
È che in realtà il problema appariva semplice: di sera – poche sere alla settimana, in verità – c’era la movida, il passo-spasso, le microcatene umane sulle strisce di tre-quattro persone per volta ma con flusso continuo, le macchine che passavano a singhiozzo (molto singhiozzo, quasi reflusso gastrico cronico)? Ecco qua: un semaforo, in quelle ore, solo in quelle, sarebbe venuto assai comodo per i pedoni. Anziché gruppuscoli continui di persone avrebbero attraversato, a intervalli prestabiliti, delle piccole folle. Frattanto, nell’attesa, magari avrebbero pure socializzato: confronti tra vecchie e nuove generazioni, tra single e famiglie, tra ceti medi e ceti XL. La famosa funzione semaforica sociale, la nuova piattaforma di misurazione consensi: verde, giallo e rousseau.
Totale, cioè: c’è un problema, troviamo una soluzione. Commisurata al problema, però. Perché le soluzioni più grandi del problema, se da un lato se lo fagocitano, dall’altro – per la parte eccedente – ne creano uno nuovo.
Insomma, non pare aver avuto molto successo – in termini di agevolazione della viabilità – quel semaforo in funzione ventiquattr’ore al giorno, col rosso intimabile direttamente dal pedone pigiando il pulsante, che provoca un fermo del traffico per un tempo abbondantemente superiore a quello di attraversamento. Durante le ore diurne (ma anche nelle sere infrasettimanali, specie d’inverno), con cotante strisce pedonali ad alta visibilità, un flusso veicolare che vuoi o non vuoi procede a una velocità rasente il passo d’uomo, una densità pedonale assolutamente insignificante rispetto ai picchi della movida serale, un bel giallo lampeggiante fisso sopperiva abbondantemente alla bisogna. Allertava gli automobilisti, intimava prudenza ai passanti.
Tenerlo funzionante l’intera giornata, invece, assolve prevalentemente alla funzione di creare due code parallele a partire da un chilometro prima. Che anche qui va ottimo per la socializzazione, ci mancherebbe: a finestrini abbassati, in attesa del verde, ci sono conducenti che si sono conosciuti, scambiati il numero di cellulare e sposati. Ma pare che per questo tipo di approcci ci siano anche altri metodi, più comodi e rilassanti.
Che poi in realtà, per dirla tutta, anche il semaforo rappresenterebbe un palliativo. L’unico sistema per mettere in sicurezza, in un colpo solo, la zona, la qualità dell’aria e i nervi degli automobilisti sarebbe ricostruire la vecchia strada davanti alle scuole De Amicis e far circumnavigare alle auto piazza Amendola. Certo, oltre alla rimozione delle piastrelle e al ripristino dell’asfalto ci sarebbe da demolire e inviare a smaltimento il famoso “Monumento ai non nati”: ma dubito che, oltre a chi ebbe l’idea di commissionarlo e piazzarcelo tra i piedi, ci sarà davvero qualcuno che lo rimpiangerà.

28 settembre 2019 – © Riproduzione riservata

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